HABACUC

 

 

LO STRANO MODO DI PROCEDERE DI DIO (Habacuc 1:1-11)

 

1) Le forme in cui Dio agisce sono spesso misteriose

 

La sua inattività

La prima cosa che scopriamo studiando il modo come Dio ha agito nella storia è il suo stare in silenzio e inattivo di fronte a circostanze provocatorie.

Perché Dio permette che succedano certe cose? Perché a volte non risponde alle preghiere del suo popolo fedele? Molti pregano per un risveglio con cuore sincero e pieno di zelo, elevano lamenti per lo stato delle cose e invocano Dio. All’apparenza, però, tutto è rimasto come prima.

Così come Habacuc molti si chiedono: “Fino a quando, o Eterno, griderò, senza che tu mi dia ascolto? Io grido a te: Violenza! E tu non salvi”.

Molti hanno pregato lunghi anni per un loro caro e Dio sembra non rispondere. Costoro si chiedono: “Non è forse la volontà di Dio che questa anima si salvi? Perché dopo tutti questi anni di preghiera non succede ancora niente? Perché Dio rimane in silenzio?”

Spesso l’impazienza si impossessa dei credenti, oltre allo scoraggiamento: “Perché Dio non risponde alle nostre preghiere e permette che la sua Chiesa viva ad un livello così basso?”

 

La sua azione inattesa

L’altra cosa che scopriamo è che a volte Dio risponde alle nostre preghiere in un modo imprevedibile. Per lungo tempo il Signore non rispose ad Habacuc, ma quando lo fece il suo parlare fu ancora più misterioso del suo silenzio.

Habacuc riteneva che Dio avrebbe dovuto castigare la nazione per poi inviare un gran risveglio. Ma quando questi gli disse che avrebbe suscitato i Caldei per distruggere Israele, questa era l’ultima cosa che il profeta avrebbe immaginato.

Newton racconta un’esperienza simile. Desideroso di una conoscenza del Signore più profonda, pregava intensamente e si aspettava di poter avere una meravigliosa visione di Dio che apriva i cieli e discendeva nella sua vita per benedirla. Ma, al contrario, per alcuni mesi ebbe la sensazione che Dio lo avesse abbandonato nelle mani di Satana, infatti fu tentato e provato oltre la sua comprensione. Capì poi in seguito che quello fu il modo come Dio rispose alla sua preghiera: lo lasciò cadere in basso per insegnargli a dipendere totalmente da Lui.

Tutti abbiamo la tendenza a indicare a Dio come deve rispondere alle nostre preghiere. In alcune occasioni Lui fa esattamente l’opposto di ciò che noi anticipiamo, permette cioè le situazioni peggiori prima di intervenire per migliorarle.

Un principio fondamentale del camminare in fede è quello di essere sempre preparati all’ imprevedibile.

 

I suoi strumenti imprevedibili

La terza caratteristica sorprendente nel modo di procedere di Dio è l’uso di strani strumenti per correggere la sua Chiesa e il suo popolo.

Di tutti i popoli contemporanei a Israele, Dio scelse i Caldei per castigarli. Incredibile!

Se Dio così desidera, può utilizzare anche un Caldeo pagano. Ogni mezzo può essere utilizzato da Dio per insegnare cose importanti e profonde alla sua Chiesa.

Manteniamo gli occhi aperti e non sottovalutiamo niente e nessuno.

 

 

2) I modi di agire di Dio sono spesso male interpretati

 

Dalle persone religiose, ma negligenti

Il modo di agire di Dio lascia spesso perplesse molte persone. In primo luogo sono i più negligenti tra i religiosi. Il popolo, infatti, rifiutò la possibilità che Dio potesse utilizzare i Caldei e considerò il profeta, come spesso era già avvenuto nel passato, come allarmista.

 

Dal mondo

I Caldei non compresero che erano uno strumento nelle mani di Dio (Habacuc 1:11) e attribuirono il loro successo al loro dio e alle proprie capacità militari.

Grandi imperi si sono formati e hanno dominato per un tempo, ma si sono sempre inebriati dei propri successi. Poi, quando meno se lo aspettavano, è arrivata la disfatta.

 

Dagli stessi profeti

Habacuc non riusciva a comprendere come tutto ciò che si stava verificando nel popolo d’Israele potesse conciliarsi con la santità di Dio (1:2-4).

 

 

3) Il procedere di Dio trova risposta nei principi biblici

 

La storia è sotto il controllo divino

Dio non solo controlla Israele, ma anche i suoi nemici, i Caldei (1:6). Ogni potere sulla terra è in ultima analisi sotto il suo controllo (Isaia 40:15).

Dio ha iniziato il processo storico, lo sta controllando e lo concluderà. Non dimentichiamocelo!

 

La storia segue un piano divino

Le cose non avvengono così per caso. Gli avvenimenti non sono accidentali, perché la storia deve seguire un corso prefissato fin dal principio.

Dio, che vede la fine fin dal principio, conosce i “tempi e i momenti”. Sa quando benedire Israele e quando non benedirlo. Lui stabilì il momento in cui inviare Gesù (Galati 4:4).

 

La storia segue una progressione divina

Dio non si ferma a consultarci, ma ogni cosa avviene secondo il “consiglio della sua volontà” (Efesini 1:11). Dio ha il suo tempo e il suo modo di fare le cose.

 

La storia è collegata al Regno divino

La chiave della storia del mondo è il Regno di Dio. La storia delle altre nazioni citate nell’Antico Testamento è di rilevanza soltanto se associata al destino di Israele.

La storia oggi acquista importanza solamente se ha relazione con la Chiesa Cristiana. Ciò che realmente importa nel mondo è il Regno di Dio.

Fin dalla caduta dell’uomo Dio sta operando per stabilire un nuovo Regno nel mondo, il suo Regno. E sta chiamando delle persone perché escano dal mondo ed entrino nel suo Regno.

Il mondo sta incamminandosi verso la realizzazione di questo proponimento di Dio. Ciò che Dio sta permettendo nel mondo e nella Chiesa è in relazione con il progetto di stabilire il suo Regno.

Non stupiamoci quando assistiamo ad avvenimenti sorprendenti nel mondo, ma chiediamoci che relazione possono avere con il Regno di Dio. Lo stesso dicasi per le cose strane che succedono nella nostra vita.

Non dubitiamo dell’amore di Dio e della sua giustizia. Dio ha interesse per noi e vuole equipaggiarci per collocarci in un luogo di maggior pienezza nel suo Regno.

Giudichiamo ogni avvenimento, quindi, alla luce del grande, eterno e glorioso proponimento di Dio.

 

 

 

LA PERPLESSITA’ DEL PROFETA (Habacuc 1:12-17)

 

1) L’importanza dei metodi di analisi

 

La maggior parte dei problemi e delle perplessità nella vita cristiana si originano per la mancanza di un adeguato metodo di analisi. E’ molto più importante conoscere la forma di valutazione dei problemi, che avere una risposta immediata ad ogni problema in particolare.

Gli uomini abitualmente vogliono una risposta chiara per ogni questione specifica, ma la Bibbia non ci dà sempre ciò che noi vogliamo in questo senso. Siamo propensi a lasciarci prendere dal panico e a cercare conclusioni rapide quando succedono cose impreviste e imprevedibili e quando Dio sta agendo con noi in un modo inusuale.

Nel Salmo 73 ci viene segnalato il pericolo di parlare inavvertitamente con la nostra bocca.

 

 

2) La descrizione del metodo

 

Tempo per pensare

La prima regola consiste nel pensare prima di parlare (Giacomo 1:19). Tutti noi siamo pronti ad adirarci, ma altrettanto lenti nel pensare.

Prima di esprimere le nostre reazioni impariamo a riflettere.

 

Stabilire principi biblici

Quando incominciamo a pensare non dobbiamo affrontare il problema immediato, ma applicare l’analisi indiretta.

Gli alleati, nell’ultima guerra mondiale, non attaccarono direttamente la Germania, ma iniziarono un accerchiamento indiretto, partendo dall’Africa del nord.

Dobbiamo richiamare alla nostra memoria quelle cose di cui siamo assolutamente sicuri. L’unico modo per avanzare in montagna è trovare appoggi solidi.

Così, davanti a problemi spirituali, dobbiamo ritornare ai principi assoluti e eterni. La loro realtà ci aiuterà a perdere quel senso di panico e di disperazione, offrendo all’anima conforto.

 

Applicare al problema i principi biblici

Collochiamo, quindi, il problema nel contesto di questi solidi principi e così anche i problemi più difficili troveranno la loro soluzione.

Il contesto interpreta il testo, così come il proponimento finale di Dio spiega il momento particolare.

 

Persistendo i dubbi, rimettersi nelle mani di Dio

Permanendo l’incertezza, portiamo tutto davanti a Dio in preghiera. Questo è ciò che ha fatto il profeta Habacuc (1:12-13).

Qualunque sia il problema, sia a livello personale che nazionale o mondiale, dobbiamo fermarci a pensare, dobbiamo stabilire quali sono i principi basilari e introdurre il problema in questo contesto.

Se permane la difficoltà, si porta il tutto in preghiera a Dio e lo si lascia lì.

 

 

3) Il problema dell’inattività di Dio

 

Il profeta si chiede il perché Dio permettesse tutto quello scempio da parte dell’esercito Caldeo. Era forse indifeso di fronte al potere del nemico? Perché sta tollerando queste cose e non interveniva?

Perché, più in generale, Dio permette le guerre?

 

Dio è eterno

Dopo aver citato il problema, il profeta dice: “Non sei tu ab antico, o Eterno?” (1:12).

Habacuc sta stabilendo un principio, cioè sta dimenticando per un momento la questione immediata e si confronta con aspetti di Dio di cui è sicuro.

Il dio a cui i Caldei avrebbe attribuito la vittoria era il prodotto della mente umana, ma l’Eterno è il Dio che vive per sempre, da eternità a eternità.

Quando siamo preoccupati per ciò che sta capitando nel mondo, ricordiamoci che l’Eterno, che adoriamo, è al di fuori della storia, perché l’ha preceduta e l’ha creata. Il suo trono sta al di sopra del mondo e fuori dal tempo. Suo è il regno eterno!

 

Non ha origine

Dio è l’Eterno IO SONO (Esodo 3:14) e ciò significa che è auto generante, auto esistente.

Non dipende in nessun modo da ciò che succede sulla terra e non solo è indipendente dal mondo, ma non avrebbe avuto nessuna necessità di crearlo. Lo ha fatto solamente per un atto della sua sovrana volontà. Dio è il Signore.

 

E’ santo

“Non sei tu ab antico, o Eterno, il mio Dio, il mio Santo?” (1:12).

Il profeta ricorda un’altra caratteristica di Dio, e cioè la sua santità. “Dio è luce, e in Lui non vi sono tenebre alcune” (1 Giovanni 1:5). “Il giudice di tutta la terra non farà egli giustizia?” (Genesi 18:25).

 

E’ onnipotente

“O Eterno, tu l’hai posto, questo popolo, per esercitare i tuoi giudizi, tu, o Rocca, l’hai stabilito per infliggere i tuoi castighi” (1:12).

La parola “Rocca” ci suggerisce l’idea della forza e potenza di Dio. Il Dio che creò il mondo dal nulla e che disse: “Sia la luce”, ha potere assoluto, è la Rocca.

 

E’ fedele

“Non sei tu ab antico, o Eterno, il mio Dio, il mio Santo? Noi non morremo!”

Il profeta ricorda che Dio è il Dio del patto. Questo Dio onnipotente e autosufficiente fece un patto con Abramo e lo rinnovò con Isacco, Giacobbe e Davide.

Il profeta ricorda che Dio disse: “Io sarò il vostro Dio e voi sarete mio popolo” (Levitico 26:12). Dio aveva impegnato la sua parola e mai si sarebbe rifiutato di compierla. Habacuc, così, poté dire: “Non moriremo!”

L’esercito caldeo, per quanta forza distruttrice potesse esprimere, non avrebbe mai sterminato il popolo d’Israele.

Il profeta, dopo aver esaminato questi attributi di Dio, riconosce che i Caldei non sono altro che uno strumento di correzione per il popolo di Israele (1:12). Dio non sta mostrando debolezza, né esce sconfitto dall’attacco dei Caldei, ma sta portando avanti il suo grande obiettivo. Anche se grande sarà lo sterminio, Dio utilizzerà il rimanente e porterà a compimento le sue promesse fatte ad Abramo.

 

 

4) Come riconciliare il carattere santo di Dio con l’uso dell’esercito caldeo

 

Se Dio è onnipotente ed ha il pieno controllo degli avvenimenti, come possiamo riconciliare questi fatti con la santità del suo carattere?

Se riconosciamo il potere di Dio e ammettiamo che i Caldei non sono altro che uno strumento nelle sue mani e che il loro successo non si deve al loro dio, ci chiediamo: “Come può un Dio santo permettere che queste cose succedano?”

 

Un Dio santo odia il peccato e non può commettere malvagità

“Tu, che hai gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male, e che non puoi tollerare lo spettacolo dell’iniquità” (1:13).

Il profeta, guardando gli attributi di Dio, è certo che l’Eterno non può vedere il male senza odiarlo. Dio e il male sono eterni nemici. Qualsiasi cosa ingiusta o crudele non trova posto nel suo cuore. Dio non tenta l’uomo, né può essere tentato dal male. Dio è luce.

Se ciò è vero, perché permette che i Caldei portino distruzione nel suo popolo? Gli Israeliani erano malvagi, ma i Caldei erano peggiori.

Noi potremmo dire: “Riconosco di non comportarmi proprio come dovrei, ma Tizio è peggiore di me e ciononostante sta prosperando. Come mai?”

 

Rimettiamo questo problema insolubile nelle mani di Dio

Il problema della santità di Dio è più difficile da sondare e spesso non riceviamo delle risposte chiare. Non dobbiamo comunque giungere a una conclusione affrettata e dirci: “Siccome non capisco, mi chiedo se Dio è realmente giusto”. No! Rimettiamo tutto nelle sue mani e aspettiamo, così come ha fatto Habacuc.

 

L’esempio del Figlio di Dio

Un credente può restare in una simile situazione per settimane, mesi o anni. Il problema, però, deve essere lasciato nelle mani del Signore.

Vediamo l’esempio di Gesù. Lui sapeva che suo Padre avrebbe potuto liberarlo dalle mani sia degli Ebrei che dei Romani, ma si limitò a pregare e a dire: “Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi” (Matteo 26:39). In effetti disse: “Non capisco, ma se tu hai così determinato, io sono disposto ad ubbidirti”.

Presentò a Dio il problema che non poteva comprendere e lì lo lasciò. Poté agire così sulla base della fiducia che riponeva in Dio, suo Padre, e della convinzione che la sua volontà è sempre retta e che un Dio santo non ci chiederà mai di fare qualcosa di malvagio.

 

 

 

ASPETTANDO LA RISPOSTA DI DIO (Habacuc 2:1-3)

 

1) L’attitudine della fede

 

“Io starò alla mia vedetta, mi porrò sopra una torre, e starò attento a quello che l’Eterno mi dirà, e a quello che dovrò rispondere circa la rimostranza che ho fatto” (2:1).

Non è sufficiente pregare, dire a Dio qual è la nostra perplessità e scaricare il nostro peso su di Lui, ma dobbiamo dare un passo in avanti e aspettare nel Signore.

 

Rimettere il problema nelle mani di Dio

In primo luogo ciò significa che dobbiamo svincolarci dal problema, smettere di preoccuparci e fissare gli occhi nel Signore (“starò attento a quello che l’Eterno mi dirà”).

Habacuc, nella perplessità dei suoi perché non risolti, decise di guardare al Signore e a nessun altro. Questo è uno dei segreti più importanti della vita spirituale.

Se hai rimesso il tuo problema nelle mani del Signore e persisti nel pensarci, significa che la tua preghiera non è stata genuina. Se non puoi risolvere il tuo problema e hai deciso di rimetterlo nelle mani del Signore, devi allora lasciarlo lì. Rifiutati di pensare nuovamente alla tua difficoltà, non parlarne più con nessuno e sali sulla torre di guardia.

Forse dovremo obbligarci ad adottare questa attitudine, che diventa essenziale per lo sviluppo della nostra vita spirituale. In questi casi bisogna dipendere interamente da Dio e sperare solamente in Lui.

Il profeta non riusciva a capire come Dio potesse utilizzare i Caldei, popolo di gran lunga peggiore degli Ebrei, per il raggiungimento di un suo fine. Non riusciva a conciliare questo atteggiamento del Signore con la sua santità e grande era la sua perplessità. Decise allora di rimettere tutto nelle mani di Dio e lì ritrovò la sua pace. Tolse gli occhi dal problema per fissarli in Lui.

Questo è ciò che Paolo volle dire ai Filippesi con le parole: “Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna” (Filippesi 4:6-7). Non lasciamoci dominare dall’ansia perché non solo ci paralizza spiritualmente, ma ci rende anche deboli fisicamente. La pace riempirà i nostri cuori come conseguenza logica (Filippesi 4:6-7).

 

Aspettare una risposta da Dio

Dopo aver rimesso il problema nelle mani di Dio dobbiamo aspettare la risposta. Habacuc dice: “Starò attento a quello che l’Eterno mi dirà” (2:1). Rimaniamo sulla torre, anche se ciò comporterà una lunga attesa.

Dio può rispondere in molte maniere: tramite la sua Parola, direttamente al nostro spirito o per mezzo delle circostanze. Dio non ci chiamerà mai a fare un’opera senza che Lui ci apra prima una porta. Molte volte permette che sorgano ostacoli, ma il cammino che dobbiamo percorrere rimane chiaramente segnalato. Ciò può richiedere molto tempo e varie porte devianti dovranno chiudersi, affinché puntiamo nella direzione prevista da Dio.

Bisogna, quindi, mantenere fisso lo sguardo sul Signore e non perdersi di coraggio. E’ conveniente anche confrontare una indicazione della sua volontà con altre indicazioni o circostanze, poiché Dio è coerente con se stesso e nel suo modo di procedere con noi è logico che ci sia una convergenza delle stesse.

 

Vegliare e aspettare la risposta

Dobbiamo credere con fermezza che Dio è sempre fedele alla sua Parola e che possiamo riporre la nostra fiducia nelle sue promesse.

Se crediamo che Dio è nostro Padre, che gli stessi nostri capelli sono contati, che Lui ha più interesse nel nostro benessere di noi stessi e che si preoccupa dell’onore del suo santo e grande Nome più di quanto possiamo farlo noi, sarebbe allora un modo per disonorarlo, se non aspettassimo una risposta dopo aver pregato.

 

2) La fede ricompensata

 

Se adottiamo il metodo di Habacuc, Dio onorerà sempre le sue promesse (2:2-3). Dio spiega al profeta, sulla base delle sue perplessità espresse in preghiera, che i Caldei, per essersi inorgogliti della loro vittoria sugli Ebrei e averla attribuita al loro dio, sarebbero stati a loro volta distrutti.

 

 

 

IL GIUSTO VIVRA’ PER LA SUA FEDE (Habacuc 2:4-20)

 

1)   Gli eventi storici devono essere interpretati alla luce del Regno di Dio

 

Se aspiriamo alla pace interiore malgrado gli avvenimenti che si succedono intorno a noi, l’unico modo è di capire la filosofia biblica della storia, e cioè che tutta la storia è pilotata da Dio per realizzare il suo proponimento riguardo al Regno. La Chiesa è parte di questo disegno.

 

2) La perplessità per gli avvenimenti presenti non è una novità

 

Il Regno di Dio è promesso, ma non sembra realizzarsi. Continue sono le perplessità lungo tutta la Bibbia: Davide (Salmo 73), Habacuc (l’invasone dei Caldei), Pietro (Dov’è la promessa della sua venuta? 2 Pietro 3:4).

Ma per Dio un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno. Dio mantiene le sue promesse: vedi il diluvio universale, la distruzione di Sodoma e Gomorra, la venuta del suo Figliolo e la visione data ad Habacuc (“Scrivi la visione…se tarda aspettala; poiché per certo verrà…” Habacuc 2:2-3).

 

3) Due possibili stili di vita: la ragione e la fede

 

“Ma il giusto vivrà per la sua fede” (2:4).

Ciò in cui l’uomo crede determina la condotta della sua vita. Ci sono solo due opzioni nella vita: la fede o l’incredulità. Non sono tanto le mie convinzioni politiche, sociali ed economiche che contano, quanto se sto accettando la regola imposta da Dio. La bibbia solo cita dei fatti e non dà ragioni, perché la Parola di Dio deve essere creduta e non diventare oggetto di argomentazioni.

 

4) L’inevitabile necessità di scegliere tra queste due alternative

 

Fede significa adottare la Parola di Dio e agire di conseguenza, semplicemente perché è la Parola di Dio. Significa credere in ciò che Dio ha detto, semplicemente perché Lui l’ha detto.

Gli eroi della fede citati in Ebrei 11 credettero alla Parola di Dio solamente perché Lui aveva parlato. Abramo sacrificò Isacco soltanto perché Dio gli aveva detto di farlo.

Vivere per fede significa costruire tutta la nostra vita sulla fede in Dio, significa “vedere Colui che è invisibile” (Ebrei 11:27), significa “essere maltrattato con il popolo di Dio, piuttosto che godere per breve tempo i piaceri del peccato” (Ebrei 11:25).

Ci appoggiamo noi su questo mondo e su ciò che può offrire? La nostra vita si basa sul principio del calcolo? Oppure sulla sapienza del mondo con le sue analisi intelligenti ed equilibrate della storia e della conoscenza umana? O, invece, è la Parola di Dio che ci avverte che questa vita e questo mondo sono transitori e che entrambi sono solo una preparazione per il mondo che ha da venire?

Ciò che realmente importa è il Regno di Dio. Siamo disposti a rischiare tutto, anche la nostra vita, basandoci sul fatto che la Bibbia è la Parola di Dio?

 

5) L’assoluta certezza della distruzione del male e del trionfo di Dio

 

Tutto ciò che è malvagio è sottoposto al giudizio di Dio. I Caldei avrebbero goduto di un certo tempo di prosperità, ma il giorno del loro giudizio era già stato fissato.

Dio utilizza i malvagi per portare a compimento i suoi proponimenti (suo potere e sovranità). Sia gli individui che le nazioni, che percorrono un cammino di empietà e si oppongono a Dio, sono condannati. E la loro condanna eterna a volte si manifesta già qui, sulla terra.

Ma, alla fine, Dio trionferà sul male (Habacuc 2:14 / Salmo 2:6 / Filippesi 2:10-11 / 2 Pietro 3:13). Non solo i pagani devono stare in silenzio davanti a Dio, ma anche gli stessi cristiani. Non ci deve essere nessun dubbio, inquisizione o incertezza riguardo la bontà, santità e potere di Dio. Non chiediamo in modo lamentoso: “Perché Dio ha permesso questo?”, ma fissiamo il nostro sguardo su di Lui.

 

 

 

COME PREGARE (Habacuc 3:1-2)

 

1) Il carattere della vera preghiera

 

Tutto il capitolo è incentrato sulla preghiera del profeta. La preghiera è più di una semplice richiesta e include la lode, la riconoscenza, la reminiscenza e l’adorazione.

Il ricordare la storia, così come lo fa il profeta, è spesso una parte essenziale della preghiera. Le grandi preghiera della Bibbia sono quelle che gli uomini hanno effettuato ricordando a Dio ciò che Lui aveva fatto nel passato. Le loro richieste, quindi, erano basate su quei fatti, così che questo capitolo costituisce una grande preghiera.

 

2) Elementi essenziali nella vera preghiera

 

Umiltà

In primo luogo notiamo come il profeta umiliò se stesso: “O Eterno, io ho udito il tuo messaggio, e son preso da timore; o Eterno, dà vita all’opera tua nel corso degli anni! Nel corso degli anni falla conoscere!” (3:2).

Non ci sono più qui argomenti o interrogativi riguardo ciò che Dio stava permettendo, né proteste per ciò che Dio gli aveva detto. Dalla perplessità intellettuale il profeta è progredito ad una posizione superiore, né si appella a Dio perché inverta il suo proponimento di giudizio o trattenga la sua mano dal giudizio e perdoni Israele. Non c’è nessuno sforzo per difendere Israele o se stesso, ma una franca confessione di peccato e un riconoscimento della giustizia, santità e rettitudine di Dio.

Come è avvenuto questo cambio in Habacuc? Forse quando ha smesso di pensare alla sua nazione e ai Caldei e ha contemplato solo la santità e giustizia di Dio in contrasto coi peccati del mondo.

Dobbiamo imparare ad affrontare i problemi non partendo da un’ottica umana, ma da quella divina. Finché il profeta era centrato sul peccato dei Caldei non era ben cosciente della realtà del suo popolo davanti a Dio, ma quando si concentrò sulla santità di Dio, accettò il suo piano come mezzo per far risplendere la sua gloria.

Nel vedere la santità di Dio contrapposta alla peccaminosità degli uomini, la distinzione tra Israeliti e Caldei divenne una cosa insignificante. Quando guardiamo le cose dal punto di vista spirituale, anche noi dobbiamo dire: “Tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio” (Romani 3:23) e “tutto il mondo giace nel maligno” (1 Giovanni 5:19).

Sentiamo anche noi il bisogno di umiliarci? Sia come membri della Chiesa del Signore, che come cittadini della nostra nazione? O continuiamo a chiederci perché Dio permetta certi avvenimenti? Ricordiamoci che le due ultime guerre mondiali sono state la conseguenza inevitabile dell’arroganza e orgoglio dell’uomo.

Anche la Chiesa , che non attraversa un momento di grande prosperità, pensa allo stesso modo di Habacuc: “Certo, noi cristiani non siamo perfetti, ma le persone del mondo sono di gran lunga peggiori”. E così non c’è una vera attitudine di pentimento e il bisogno di umiliarsi davanti a Dio. Non c’è più la contrapposizione tra la santità di Dio e il nostro peccato.

Il primo obiettivo della Chiesa, quindi, non deve essere quello di combattere le ingiustizie presenti nel mondo, ma il proprio peccato.

 

Adorazione

Un secondo elemento presente nella preghiera di Habacuc è l’adorazione: “O Eterno, io ho udito il tuo messaggio, e son preso da timore” (3:2).

Il profeta non sentì timore per le cose che sarebbero successe o per le sofferenze che avrebbero colpito il suo popolo e lui stesso, ma profondo stupore e ammirazione per la grandezza di Dio. Sentì un profondo rispetto al cospetto della santità e del potere di Dio.

Oggi nella Chiesa esiste un eccesso di familiarità con l’Altissimo Dio. E’ vero che possiamo entrare alla sua presenza, grazie al sangue di Gesù, ma questa realtà non dovrebbe mai ridurre la nostra riverenza e timore. Ricordiamoci che anticamente non osavano nominare neanche il suo nome e che è opportuno avvicinarci a Lui “con un culto accettevole, con riverenza e timore, perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante” (Ebrei 12:28-29).

 

Petizione

L’apostolo Paolo dice: “Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna; ma in ogni cosa siano le vostre richieste rese note a Dio in preghiera e supplicazione con azioni di grazie” (Filippesi 4:6).

La richiesta del profeta non è diretta a ricevere liberazione o sollievo, o a ottenere misericordia da parte di Dio per il suo popolo, né a evitare la guerra con i Caldei. Non chiede nemmeno che sia risparmiata loro la sofferenza, il saccheggio di Gerusalemme e la distruzione del tempio, perché ha capito che questi eventi sono inevitabili e, in fondo, meritati. Non chiede, quindi, a Dio di cambiare i suoi piani.

La sola preoccupazione che ha ora Habacuc è rivolta alla causa di Dio, al proponimento di Dio nei riguardi della sua nazione e del mondo intero. La sua richiesta, adesso, è che Dio dia vita all’opera sua nel corso degli anni, non importa quello che dovranno soffrire per tal fine.

L’espressione “nel corso degli anni” (3:2) si può anche così parafrasare: “Anche negli anni di sofferenza e calamità che tu, o Dio, hai predetto, dà vita alla tua opera”. Se noi, oggi, siamo più preoccupati per il rischio che significa affrontare un’altra guerra mondiale che per la purezza e benessere spirituale della Chiesa, ciò deve portarci ad una seria riflessione sul nostro cristianesimo.

Quali sono le cose che più ci preoccupano? E’ forse il nome e la gloria del nostro onnipotente Dio, la salute e la condizione spirituale della sua Chiesa o la prosperità e il futuro della sua causa tra gli uomini? Habacuc pregò per un risveglio della causa di Dio in Israele.

La parola ebrea tradotta “dar vita” ha il significato primario di “preservare” o “mantener vivo”. Il timore del profeta era che il popolo di Dio venisse interamente distrutto e perciò prega perché sia preservato. Il secondo significato è “purificare, correggere e eliminare le cose cattive”. In ogni risveglio della storia leggiamo che Dio ha purificato eliminando il peccato e le altre scorie che frenavano la sua causa.

Mentre la Chiesa è preservata, purificata e corretta, viene preparata per la liberazione. Habacuc prega Dio perché il suo popolo sia degno della benedizione che Lui spargerà e chiede che la sua opera sia come Lui ha sempre voluto che fosse. Dio risponde alla richiesta di un risveglio tramite la prigionia a Babilonia, cioè tramite un castigo.

Dice poi il profeta: “Nell’ira, ricordati di aver pietà!” (3:2). Non fa presente a Dio che hanno cercato di essere buoni e che ci sono stati periodi peggiori nella loro storia, né gli ricorda qualche loro merito, ma prega perché Dio nel mezzo della sua ira si ricordi di essere misericordioso, non avendo loro giustificazione alcuna.

Finché la Chiesa e il mondo non si umilieranno davanti a Dio, non ci sarà vera pace e felicità. Guardiamo lo stato della nostra anima e non l’iniquità degli altri, vista come di gran lunga peggiore della nostra. Nel momento in cui mi preoccupo veramente dello stato del mio cuore invece che della mia afflizione, sto già transitando per il viale della benedizione di Dio.

L’epistola agli Ebrei dichiara che la disciplina è una prova che siamo figli di Dio (Ebrei 12:6). Se non sappiamo ciò che significa la disciplina, dovremmo allarmarci, perché Dio si è proposto di portarci alla perfezione. Quando le cose ci sono apparentemente avverse, non rimaniamo stupiti o offesi o perplessi, ma chiediamoci: “Come sta il mio cuore? Che cosa mi vuole dire Dio tramite questa situazione? Che cosa c’è in me che sta meritando questa azione da parte di Dio?”

Dopo esserci esaminati e umiliati dobbiamo collocarci nelle mani di Dio e dire: “La tua via, Signore, e non la mia. Non importa quanto sia dura. La mia unica preoccupazione è di star bene con Te. Ti chiedo soltanto che nella tua ira ti ricordi della tua misericordia, ma soprattutto che continui la tua opera perché la mia anima riceva vita e sia gradita ai tuoi occhi”.

Questa è l’unica attitudine corretta, biblica e spirituale che deve assumere la Chiesa e ogni singolo credente. Questa attitudine porterà un sicuro risveglio. Pensiamo meno alle circostanze che possano mettere in pericolo la Chiesa e preoccupiamoci di più della sua salute e purezza, alimentiamo lo zelo per la santità di Dio e sentiamo dolore per il peccato degli uomini.

 

 

 

COME RALLEGRARSI NELLE TRIBOLAZIONI (Habacuc 3:3-19)

 

1) Fede e timore

 

Il profeta non ha più problemi filosofici o teologici. Vede adesso tutto con chiarezza, ma nel momento in cui percepisce i giudizi che stanno per cadere sulla terra ed essendo umano, si riempie di timore (3:16). Come poteva avere pace nel suo cuore sapendo quello che stava per succedere? Anche i profeti erano uomini come noi.

Il Signore ha riconosciuto questa debolezza umana quando ha detto: “Ben è lo spirito pronto, ma la carne è debole” (Marco 14:38). Dobbiamo ringraziare il Signore per poter fare questa distinzione tra la mancanza di fede e la debolezza della carne. E possibile vedere la verità, comprendere le dottrine e ciononostante tremare fisicamente. Sotto certe condizioni ciò non significa mancanza di fede, anche se il diavolo cercherà di convincerci che è così.

 

2) La grazia di Dio per il profeta timoroso

 

L’esempio del servo di Dio

“Egli conosce la nostra natura; egli si ricorda che siam polvere” (Salmo 103:14).

Tutti i grandi servi di Dio hanno sperimentato la debolezza della carne e il timore (Abramo, Elia, Davide, Geremia, Giovanni il Battista…). Lo stesso Paolo dice: “Siamo stati afflitti in ogni maniera: combattimenti di fuori, di dentro timori” (2 Corinzi 7:5). E ancora: “Ed io sono stato presso di voi con debolezza, e con timore, e con gran tremore” (1 Corinzi 2:3).

 

Il dono della gioia, non dell’autocontrollo

Che cosa poteva dar forza al profeta in quella situazione? Non è stata la rassegnazione, pensando che ormai non si potevano più cambiare le cose, e non è stato lo sforzo per trovare il coraggio di non piangere e di comportarsi come un uomo. Certo, non si può dire ad una persona piena di timori come era Habacuc: “Fatti coraggio!”

E’ stata la gioia del Signore, quella gioia che può riempire i nostri cuori anche in mezzo alle più dure circostanze (3:17-18). In questo si differenziano i cristiani dal mondo. Quando l’inferno si scatena su di noi, abbiamo la possibilità di fare ben di più che sopportare e resistere, possiamo manifestare uno spirito gioioso.

Invece di sviluppare l’autocontrollo, sviluppando una volontà d’ acciaio, dobbiamo e possiamo essere “più che vincitori” (Romani 8:37). Dobbiamo rallegrarci nel Signore e gioire nel Dio della nostra salvezza. Questi periodi sono la prova della nostra professione di fede cristiana.

 

Lo stimolo della storia

Il profeta, così come spesso il salmista, riporta alla sua memoria i grandi fatti che hanno caratterizzato la storia dei figli di Israele, concentrandosi in particolare sulla liberazione dalla schiavitù d’Egitto, sul passaggio del mar Rosso, sul loro viaggio attraverso il deserto, sulla sconfitta dei loro nemici e sull’occupazione di Canaan.

Da questi eventi Habacuc trae una grande consolazione. Riconosciamo anche noi questi fatti come dei veri fatti e mettiamo su di essi l’enfasi dovuto. C’è chi sostiene che questi fatti non sono realmente accaduti, ma che sono dei “miti” atti a trasmetterci degli insegnamenti.

La Bibbia diventerebbe così un trattato di psicologia, che potrebbe darci una contentezza illusoria o essere un mezzo per affrontare le difficoltà quotidiane della vita, senza però darci una vera consolazione. La fede cristiana, invece, è basata solidamente su dei fatti reali e non su delle idee. Se i fatti biblici non fossero reali, allora per noi non ci sarebbe speranza alcuna.

La fede cristiana si distingue da tutte le altre religioni per il fatto che le sue dottrine sono basate su fatti storici e non su teorie o idee. Stabiliti i fatti, dobbiamo contare sulla grandezza del potere di Dio (3:4-5,8,11). L’Esodo non è un’allegoria di liberazione, ma un avvenimento che ha avuto realmente luogo e tramite il quale Dio ha manifestato il suo potere. Habacuc medita sulla grandezza e sul potere di Dio e sul suo modo soprannaturale di dirigere il suo popolo, sperimentando una grande consolazione.

Un altro aspetto che emerge da questa retrospettiva è quello della fedeltà di Dio alla sua Parola e alle sue promesse (3:9). Nel ricordare i fatti storici e il potere di Dio, il profeta si rende conto che Dio non stava facendo altro che compiere i giuramenti fatti ad Abramo e ripetuti a Isacco e a Giacobbe. Habacuc incomincia, così, a sentirsi meglio, dimentica il suo nervosismo e, contemplando l’Onnipotenza di Dio, si riempie di allegria. E’ sicuro adesso che Dio non li avrebbe dimenticati e che avrebbe dato loro la vittoria.

 

3) L’abbondante grazia di Dio per la sua Chiesa timorosa

 

Nel nostro momento storico abbiamo il privilegio di verificare come in tantissimi avvenimenti storici riguardanti il suo popolo, Dio sia sempre stato fedele ed abbia operato in suo favore (vedi la fine dei Caldei, la risurrezione di Cristo, il ritorno degli Ebrei in Palestina…). “Le porte dell’Ades non (hanno prevalso e non) prevarranno mai contro la Chiesa”.

Nei momenti di turbamento abbiamo poi la consolazione di sapere che Cristo ha conosciuto ogni aspetto della debolezza umana e ci può capire (Ebrei 4:15). L’incarnazione non è un’idea o una allegoria, ma un fatto che ci permette di accorrere a Lui con piena fiducia e di trovare il soccorso necessario al momento che stiamo vivendo.