LA COMUNICAZIONE: CHIAVE DELLA FELICITA’ CONIUGALE

 

Tre cambiamenti principali si stanno verificando nella istituzione matrimoniale:

 

1.  La riduzione della capacità di comprensione e la mancanza di comunicazione

   A molte coppie manca oggi la capacità comunicativa che produce l’intendimento necessario per mantenersi uniti. Comprensione non significa che non ci siano differenze, ma che i due coniugi possano parlare sulle differenze e giungere a comprendere l’uno i punti di vista dell’altra. Uno deve accettare il fatto che il proprio coniuge sia stato educato in un modo diverso e che, quindi, reagirà in un modo diverso dal suo. Nella nuova famiglia non si deve pensare di risolvere le cose nello stesso modo insegnatoci dai genitori o visto in casa dei genitori.

    Due persone che si amano, ma che sono incapaci di comprendersi, non possono evitare la sofferenza che questa realtà produce. La comprensione non è qualcosa di automatico, ma la propensione a condividere i propri punti di vista, a considerare l’altra faccia della questione e a discutere le cose può aiutare i coniugi ad adattarsi alle differenze di opinione.

    Questo adattamento è stato paragonato a due porcospini. Sentendo freddo, in inverno, si avvicinano l’uno all’altro, ma vengono infastiditi dai loro pungiglioni. A questo punto, istintivamente, si separano di nuovo, ma così tornano anche ad avere freddo. Per mantenersi caldi, allora, devono imparare ad adattarsi l’uno all’altro così bene da evitare che i pungiglioni arrechino loro danno.

 

2. La mancanza di determinazione per non voler rompere il patto matrimoniale

   Molti si sposano pensando che, se le cose non  vanno bene, possono rompere il patto e incominciare di nuovo. Altri sono troppo impazienti e non vogliono vivere felicemente “più tardi”, ma subito.

 

3. Sviluppo di aspettative irreali nel matrimonio

     Troppe giovani coppie vanno al matrimonio accecate da speranze irreali. Credono che il loro rapporto sarà caratterizzato da un alto livello di continuo amore romantico. Spesso si sente dire: “Io volevo sposarmi per veder realizzati tutti i miei desideri. Cercavo sicurezza, qualcuno che si prendesse cura di me, stimolo intellettuale e immediata tranquillità economica…ma non è stato così!” Non è un tocco magico, ma il risultato di un duro sforzo, ciò che permette di dar frutto in un matrimonio. I risultati positivi sono la conseguenza diretta di due persone che camminano insieme, passo a passo.

    Il matrimonio è simile a due fiumi che scorrono tranquillamente, finché si uniscono in un punto determinato. Quando ciò avviene le due correnti si scontrano con grande violenza e rumore. Però, quando il nuovo fiume si forma un po’ più a valle, si acquieta gradualmente e torna a fluire tranquillamente. Adesso, però, è molto più ampio, maestoso ed ha maggior forza. Quando due persone con esistenze indipendenti si uniscono, è probabile che ci sia uno scontro di concezioni di vita nel punto di confluenza. Le personalità, le idee e le abitudini rivaleggiano tra loro per avere il dominio e imporsi, ma questa lotta, come i due fiumi che confluiscono l’uno nell’altro, può dare come risultato qualcosa di più profondo e forte rispetto a ciò che erano i due coniugi separatamente. E’ una vita nuova che esiste in due persone, due persone fuse in modo tale da sembrare una sola, ma che conservano ciascuna la propria identità e personalità.

 

 

 

IL MATRIMONIO: CAMERATISMO

 

    Il matrimonio non è solamente procreazione ed educazione dei figli, ma è soprattutto cameratismo (Genesi 2:18-25).

    La solitudine fu la prima cosa che dispiacque agli occhi di Dio. La solitudine e l’isolamento sono in contraddizione con il proponimento dell’atto creativo di Dio. Dio fece l’uomo perché vivesse con altri e il primo “altro” fu la donna.

    Dio creò anche il matrimonio per la totalità. La donna infatti doveva essere un “aiuto idoneo” (Genesi 2:18), un completamento appropriato per l’uomo. La donna aiuta l’uomo a rendere la sua vita (e anche quella della donna) completa e totale. Lei riempie i luoghi vuoti, condivide la sua vita con lui, lo fa uscire da se stesso e lo conduce verso una più ampia zona di contatto mediante l’impegno che hanno l’uno verso l’altra.

    Il cameratismo e la perfezione che Dio vuole per il matrimonio nascono dalla comunicazione che due persone sviluppano ogni giorno e dal significato delle loro vite.

    Il cuore di un matrimonio è il suo sistema di comunicazione. Nessuna coppia però inizia il matrimonio con un elevato livello di comunicazione. Non è un qualcosa che si possa portare nel matrimonio già prefabbricato, ma deve essere coltivato continuamente attraverso le esperienze che l’uno condivide con l’altra. La comunicazione deve essere franca e deve basarsi sulla comprensione.

 

 

 

IL MATRIMONIO: CHI COMANDA?

 

    Efesini 5:22-24 insegna che la moglie deve essere sottomessa al marito. Ma come è possibile essere un aiuto idoneo al marito ed essergli nello stesso tempo sottomessa? Che significato ha questa affermazione in un senso pratico?

    La sottomissione della moglie al marito è una libera scelta fatta per amore e non per obbligo o timore. La Chiesa si sottomette alla signoria di Cristo volontariamente, in risposta al suo amore. La motivazione della moglie nel sottomettersi al marito deve essere la stessa. Ma che cosa significa sottomissione? Non significa di certo essere un cencio. La Bibbia parla di sottomissione e non di servitù. La moglie non deve diventare un fantoccio nelle mani del marito, o una schiava sempre a disposizione, ma conserva la sua identità come persona e il diritto ad avere idee e sentimenti. Non è una serva, ma continua a rappresentare un essere umano con una personalità e delle necessità ben precise. Deve poter prendere delle decisioni ed assumersi delle responsabilità nella stessa misura del marito.

    La moglie deve incoraggiare e fortificare lo sposo nel suo ruolo maschile di capofamiglia e non cercare mai di distruggerlo, indebolirlo, eliminarlo o usurparne il ruolo. Una moglie deve rispettare il marito e consolidare la funzione che Dio gli ha dato.

    Nella coppia non deve esistere nessuna idea di superiorità o inferiorità. La moglie non deve competere con il marito per il ruolo di capo. Ciò non significa che lei non possa avere dei pensieri originali o che non possa esprimere il suo disaccordo, ma piuttosto che il suo spirito è controllato dallo Spirito di Dio e che, quindi, non deve dimostrare il suo valore pretendendo di usurpare il ruolo del marito.

    Efesini 5:25-32 dice che il marito è il capo della donna, così come Cristo è il capo della Chiesa. Questa autorità non dà diritto agli uomini di diventare padroni della donna, controllandone la vita.

    Sottomettendosi a Cristo, l’autorità del marito viene trasformata in cura e in  sacrificio. La verità basilare di questo passaggio biblico non è controllo e dominio, ma sacrificio d’amore per la propria moglie. Lui non può imporre la sua volontà egoista alla moglie, né ignorare i suoi sentimenti. Cristo diede se stesso per la Chiesa: questo è il modello da seguire per i mariti. Uno sposo amante deve desiderare di dare tutto quanto è necessario per riempire la vita della moglie. Il suo amore accetterà sacrifici per il suo bene. Mai chiederà alla moglie di fare qualcosa che non le piacerà o che la danneggerà. Non cercherà di trarre un vantaggio dal suo rapporto con la sua sposa, perché non la ama per un fatto di convenienza. Il vero amore è un servizio ed il marito vorrà vedere la propria sposa svilupparsi e fortificarsi nella sua personalità. Nessuno odia la propria carne e i due coniugi, ormai, sono diventati una sola carne. La situazione dell’uno si ripercuote sull’altro.

 

 

 

COMPITI DEI RISPETTIVI CONIUGI

 

    I compiti del marito e della moglie non sono sempre chiari all’interno della coppia. Si confondono spesso le idee di cooperazione, divisione dei compiti e campo di applicazione dell’autorità. Il padre compete con la madre e teme di essere superato. Nessuno dei due è sicuro, ma entrambi vogliono vincere la competizione. Paradossalmente ognuno di loro scarica sull’altro la responsabilità delle decisioni. L’ostinazione dei partners riduce l’affetto, indebolisce la comunicazione, pregiudica il sostegno reciproco e diminuisce la soddisfazione delle necessità personali. In effetti la cooperazione diminuisce e aumentano le dispute e le recriminazioni. La conseguenza inevitabile è una progressiva separazione emozionale tra i coniugi.

    L’assenza durante la giornata del padre porta spesso la madre ad assumere una posizione dominante in famiglia. I due coniugi, secondo il piano di Dio, devono lavorare di comune accordo. L’autorità del marito non esclude la sua fallibilità. Dato che i due coniugi sono diventati una sola carne, il governo deve prodursi tramite la loro cooperazione. Ciò significa che, a parte casi eccezionali, le decisioni che riguardano tutta la famiglia devono essere prese all’unanimità.

    Il metodo più efficace e ideale di prendere le decisioni è di farlo in comune accordo sotto i dettami di Dio. Ciò elimina la possibilità di invadere aree di responsabilità altrui in un piano di sfida, in segreto o mediante il ricatto (se non fai questo, io farò quello) evitando così di dover poi calmare il coniuge offeso. Il privilegio di prendere decisioni in comune, quindi, è l’impegno che si assumono entrambi i coniugi, come coppia, nei confronti di Dio e della sua Parola.

    Questo impegno si affida ad una sapienza e direzione superiori a quelle dei singoli coniugi. In pratica significa esaminare tutti i fattori inerenti al problema, avendo la libertà di esprimere tutte le motivazioni e i desideri interiori, l’onestà di riconoscere quale dei due coniugi abbia la maggiore esperienza al riguardo e ricordandosi le lezioni imparate nel passato.

    Questo punto di vista presuppone che le due persone cerchino sinceramente la volontà di Dio per la propria vita e che siano disposti a compierla. Molte volte il marito o la moglie ritengono che sia meglio lasciare all’altro l’iniziativa su certe decisioni. Un marito giudizioso, riconoscendo le capacità e le virtù della moglie, le delega delle responsabilità ben definite e l’autorità in quei campi in cui lei lo può complementare meglio. Ognuno dei due coniugi confida nelle virtù e capacità di giudizio dell’altro. E quando i due coniugi non sono d’accordo su una decisione da prendere? In questo caso diremo che sia lo sposo a decidere. Ciò non significa che verrò attuata, così, la migliore decisione, ma Dio rende l’uomo responsabile delle decisioni prese in famiglia e non la donna.

 

 

 

ATTITUDINE DEL CONIUGE NEI CONFRONTI DEL PARTNER

 

    Una buona sposa deve essere sottomessa, cioè generosa nei confronti del marito, rispettosa, cioè solerte nell’evitare cose che possono infastidire, svergo-gnare o rendere insicuro il marito, e pura. Deve preoccuparsi per il benessere dello sposo, edificandolo e non distruggendolo. Deve essere fedele e degna di fiducia e non deve accettare flirts “innocenti”. Non deve esagerare nel dedicare cura al suo aspetto esteriore, sapendo che la vera bellezza riposa nell’animo. Deve mantenersi femminile, amabile, dolce e generosa. Agli uomini non piace avere per moglie un sergente.

    1 Pietro 3:7 si rivolge ai mariti. Questi devono essere comprensivi, cioè capaci di ascoltare di buon grado le opinioni della consorte, devono riflettere su certe problematiche insieme a lei, mostrarsi sensibili al suo carattere, sentimenti e idee, cercare di scoprire le sue necessità per poterle soddisfare e fare ciò che è meglio per il suo benessere. Quindi, una condotta generosa.

    Il marito deve essere protettore. Sapendo che la donna non è così forte come lui sul piano fisico ed emotivo, deve evitare che affronti certi stress. Deve saper valutare quando portarla a mangiare fuori o passare un fine settimana senza i bambini lontano da casa. Non deve permettere che i figli le manchino di rispetto, perché è lui il primo a rispettarla, amarla, manifestarle considerazione e proteggerla da situazioni per lei sfavorevoli o dannose.

    I mariti devono anche ricordarsi che le loro mogli hanno gli stessi diritti spirituali e che sono coeredi della grazia, così come lo sono loro. Dio ama le donne nello stesso modo come ama gli uomini. Se la relazione con la moglie non sarà buona, Pietro avvisa che la preghiera, cioè la relazione con Dio, sarà perturbata.

 

 

 

LA COMUNICAZIONE E’ UN PROCESSO

 

    Una definizione molto semplice della comunicazione è che si tratta di un processo (verbale o no) per condividere delle informazioni con un’altra persona in modo tale che questa comprenda ciò che si stia dicendo. Parlare, ascoltare e comprendere sono in relazione con il processo della comunicazione.

    Uno dei problemi chiave è farsi capire. Spesso crediamo di capire ciò che sta dicendo il nostro coniuge, ma molte volte ciò che ascoltiamo non è quello che lui o lei vuole manifestare. Consideriamo che a volte neanche noi stessi sappia-mo bene quello che vogliamo dire.

    Nel tentativo di sviluppare la comunicazione sono frequenti i malintesi. Quando si parla con un’altra persona, infatti, vari sono i messaggi che si possono trasmettere:

 

    1) Ciò che si vuol dire

    2) Ciò che si dice realmente

    3) Ciò che l’interlocutore ascolta

    4) Ciò che l’interlocutore crede di ascoltare

    5) Ciò che l’interlocutore dice rispetto a ciò che ha sentito

    6) Ciò che si crede che l’interlocutore abbia  detto  rispetto  a  ciò che gli si è comunicato.

 

    E’ più importante, quindi, che la persona non ascolti soltanto, ma cerchi di comprendere. In una vita di coppia la comunicazione è di vitale importanza e quindi non dovrebbe interrompersi mai. Ciò, però, si verifica quando il marito o la moglie non vogliono o non riescono a parlare di quello che succede nelle loro vite, oppure quando l’uno non ascolta l’altro in modo concentrato. Ascoltare attentamente implica tenere la bocca chiusa. E’ stato valutato che una persona normalmente ascolta il 20% di ciò che viene comunicato.

    Ascoltare efficacemente significa che quando qualcuno parla non bisogna pensare a ciò che si dovrà dire non appena questi avrà finito di esprimersi, ma significa concentrarsi sulle parole che ci vengono rivolte per captare il messaggio che l‘interlocutore ci vuole indirizzare. Tutti abbiamo la necessità di essere ascoltati. Ascoltare non è aspettare cortesemente che tocchi il nostro turno per parlare e nemmeno percepire delle parole, ma è lo sforzo per prendere coscienza di quanto l’altro ci sta comunicando.

    C’è quindi una grande differenza tra ascoltare e comprendere. Ascoltare può sembrare una parte passiva della comunicazione, ma non è affatto vero perché rappresenta l’impegno per entrare in contatto con il nostro interlocutore e preoccuparsi attivamente per ciò che dice e per ciò che vuole dire.

    Noi preferiamo parlare piuttosto che ascoltare: preferiamo, infatti, esprimere le nostre idee, i nostri punti di vista, confermare le nostre opinioni e sentimenti per essere il centro dell’ascolto di altri. Ci piace anche essere ascoltati per ciò che diciamo (nel senso che venga valutata la nostra abilità, capacità, intelligenza o superiorità) o per essere oggetto di attenzione. Ci piace più intervenire nella conversazione che prestare attenzione a ciò di cui si parla.

    Spesso valutiamo ciò che ci viene detto sulla base delle nostre opinioni o necessità. Per esempio, se una moglie dice di essere stanca del lavoro, il marito pensa che si stia lamentando perché non può disporre dell’aiuto che, invece, sta avendo sua madre. La moglie non voleva lanciare tale messaggio, ma questo è ciò che capta il marito. Fin dall’inizio della loro vita matrimoniale per lui è stato un peso non poter offrire alla moglie quell’aiuto che il suocero sta dando alla suocera. Un senso di colpa interiore ha falsificato il messaggio che si voleva comunicare.

 

    Poniamoci adesso alcune domande:

 1) Quando il tuo coniuge ti parla, ti è difficile prestare attenzione a ciò che dice? Vaga la tua mente altrove?

2) Quando il tuo coniuge ti parla, ti limiti ad ascoltare o cerchi di capire ciò che sente e vuole comunicare?

3) Alcune delle parole che dice il tuo coniuge ti disturbano a tal punto da non ascoltare obiettivamente quello che cerca di dire?

4) Quando ti senti di mal umore per ciò che sta dicendo il tuo coniuge, cerchi di chiarire immediatamente la questione o lasci le cose così come stanno?

5) Se consideri che ti costa molto tempo e sforzo capire ciò che sta dicendo il tuo coniuge, esci per la

tangente per non dover ascoltare più?

6) Quando il tuo coniuge ti parla, cerchi di fargli capire che lo stai ascoltando anche se non è vero?

7) Quando stai ascoltando un’altra persona, sei distratto facilmente da immagini e suoni esterni, come per esempio un televisore acceso?

 

 

 

IL POTERE DELLE PAROLE

 

    “La morte e la vita sono in potere della lingua” (Proverbi 18:21). Altri passaggi biblici rafforzano questo concetto (Proverbi 26:22 / Giobbe 19:2 / Giacomo 3:2-10 / 1 Pietro 3:10 / Proverbi 25:11 ; 15:23 ; 18:13 / Giacomo 1:19).

    Ciò che il marito e la moglie si dicono può far virare il loro matrimonio in varie direzioni, o in un circolo vizioso. La vita di una coppia può venire danneggiata o incendiata da un’osservazione. Le parole si propagano come il fuoco. Chi può ritirare le parole dette? Chi può cancellare dalla memoria le parole ascoltate? Controllare la lingua deve essere un obiettivo continuo nella coppia, perché tutto quanto si dice aiuta o disturba, cura o ferisce, edifica o distrugge. Non è possibile parlare senza soffermarsi a pensare alle conseguenze che le nostre parole possono produrre.

    Una delle difficoltà per saper ascoltare il proprio coniuge è la pretesa di sapere cosa stia per dire. In questo modo lo interrompiamo e terminiamo la sua frase o la sua idea con qualcosa che l’altro non aveva assolutamente in mente.

 

 

 

MOTIVI DI FRUSTRAZIONE NELLA COMUNICAZIONE

 

    Le mogli frustrano i mariti assumendo nella discussione una forma di dominio, propendendo ad un atteggiamento sospinto dalle emozioni, o non abbandonando i sogni romantici dell’adolescenza.

    Gli uomini deludono le mogli non riuscendo a comprendere le loro volubili emozioni. Una donna può avere strani capricci e può sentirsi depressa o felice per cose che all’uomo sembrano “piccolezze”, mentre per lei risultano “importanti”. Altri motivi di frustrazione per la donna possono essere le attività sportive, gli hobbies e persino il lavoro del marito. Ma la principale causa di frustrazione per la donna è quando il marito non comunica con lei o non la scolta (può verificarsi però anche il caso inverso).

    Spesso i coniugi si concentrano sull’aspetto parlante della conversazione, perché sono eccessivamente preoccupati di esporre le loro idee. Così facendo i coniugi non riescono ad ascoltare l’altra parte e non hanno una vera idea di quello che il partner dice o sente. Molte volte si dice “sì”, “d’accordo”, “va bene” e cinque minuti dopo nessuno dei due sa cosa è successo prima.

    Il matrimonio è una relazione basata sulla comprensione mutua, ma se si vuole ottenere ciò, bisogna poter comunicare con l’altra persona. Il marito e la moglie possono sapere molte cose l’uno dell’altra senza però conoscersi veramente a fondo. La comunicazione è il processo che permette alla gente di conoscersi, avere relazioni o comprendere il vero significato della vita e dei propri simili.

 

 

 

RAGIONI PER LA MANCANZA DI COMUNICAZIONE

 

    Ecco alcuni impedimenti alla comunicazione:

1) Alcune persone non hanno l’abilità, la capacità di intrattenere una conversa-zione.

2) Altri si sentono imbarazzati nell’esprimere ciò che sentono o pensano. Non vogliono correre il rischio di

     sentirsi respinti o feriti se qualcuno non è d’accordo con loro. E’ una protezione istintiva.

3) Certe persone credono che parlare non serva a niente e quindi non iniziano nessun dialogo.

4) Alcuni pensano di non avere nulla da offrire come persone e che le loro idee sono povere. Hanno una scarsa

     immagine di se stessi e così tengono per sé commenti, idee o sentimenti personali.

 

 

 

CINQUE LIVELLI DI COMUNICAZIONE

 

    Per una buona comunicazione bisogna eliminare ostacoli come il timore, l’apatia e la povera immagine di se stessi. Se ci liberiamo di queste nostre debolezze possiamo entrare in una dimensione più profonda e significativa di comunicazione.

    I cinque livelli di comunicazione sono i seguenti:

 

1. Conversazione stereotipata

Questo tipo di dialogo è molto sicuro. Utilizziamo frasi come “Come stai?”, “Come sta la tua famiglia?”, “Dove sei stato?”, “Mi piace il tuo vestito”. In que-sto tipo di conversazione non c’è nulla di personale da condividere. Ognuno si protegge dietro il proprio scudo.

 

2. Parlare degli altri

In questo tipo di conversazione ci accontentiamo di trasmettere agli altri ciò che altri hanno detto, senza però offrire nessun commento personale ai fatti. Ci limitiamo ad informare come lo farebbe un telegiornale. Non ci compromettiamo comunicando ciò che sentiamo al riguardo.

 

3. Trasmettere idee e giudizi

Qui è dove inizia la comunicazione reale. La persona vuole uscire dal suo isolamento e si arricchisce nel comunicare idee e decisioni. Se però si rende conto che quello che dice non viene accettato, fa subito marcia indietro.

 

4. Trasmettere sentimenti ed emozioni

Adesso la persona dice ciò che sente su fatti, idee e opinioni. Vengono così rilevati i sentimenti che accompagnano certe situazioni.

 

5. Comunicazione completa, emozionale e personale

Tutte le relazioni strette, specialmente quella del matrimonio, devono basarsi sulla sincerità e franchezza. Può risultare difficile perché implica il rischio di non venire accettato a causa della sincerità espressa, ma è di vitale importanza per acquisire maggior intimità e unione nella vita matrimoniale. La qualità del rapporto tra marito e moglie influenzerà anche la relazione con Dio. Se la comunione tra i coniugi rimane aperta, anche quella con Dio prospererà. Non è possibile essere aperti con Dio e chiusi con il coniuge.

 

 

 

PARTE DELLA COMUNICAZIONE

 

    Quando ci apriamo a Dio, o con Dio, scopriamo una nuova capacità per aprirci agli altri. Ecco cosa succede:

1)    Cristo ci accetta

2)    Noi accettiamo l’amore di Cristo

3)    Accettiamo noi stessi

4)    Accettiamo gli altri

5)    Comunichiamo con gli altri.

 

   L’amore di Cristo e la sua accettazione ci dà fiducia per relazionarci con gli altri. Lui ci accetta con i nostri falli e difetti e vede il grande potenziale che si trova in noi. Se Dio ci accetta, possiamo imparare ad accettarci. Sviluppando una migliore autoimmagine, impariamo ad accettare il prossimo.

   Alcune riflessioni per migliorare la comunicazione:

 

1) Valuta se nella tua relazione con il coniuge esistono aree che potrebbero migliorare in seguito ad una tua apertura. Scegli un tema che desideri discutere con il tuo consorte ed esponi i tuoi veri sentimenti. Cerca il momento appropriato e di’ al tuo partner che vuoi discutere su una certa questione, perché ciò ti aiuterà a star meglio.

2) Valuta se nella tua relazione con Dio esistono delle aree che potrebbero perfezionarsi, decidendo di dirgli quello che senti veramente (Lui lo sa comunque). Trova un momento per confessare a Dio i sentimenti che hai rispetto a te stesso e a Lui.

3) Commenta con il tuo consorte ciò che senti rispetto a Dio. Le idee potrebbero non concordare, ma ciò non significa che Dio ami uno più dell’altro. Il fatto che Dio ti accetta così come sei, ti aiuta ad accettare il tuo coniuge nelle stesse condizioni? Puoi sentirti a tuo agio se il tuo coniuge ha idee che non concordano con le tue?

4) Scrivi una lettera a Dio dicendogli ciò che senti per averti accettato. Leggi il Salmo 103.

5) Fai una lista delle cose che ti impediscono di comunicare con il consorte. Decidi che barriere vuoi abbattere tra quelle esistenti.

6) Pensa ad un’occasione in cui puoi passare qualche momento con il partner in una situazione rilassata (quando i bambini dormono, per esempio). Deve essere un momento libero da cose pressanti da fare e dedicato l’uno all’altra. Può essere una passeggiata, una lettera in comune, una colazione insieme o un semplice scambio di impressioni su speranze e piani per il futuro.

7) Studia un sistema che ti permetta di comunicare al massimo livello con il tuo partner. Pensa all’importanza di poter parlare su certi aspetti della tua vita matrimoniale con una sincerità emozionale e personale completa.

 

 

 

LA RABBIA NEL MATRIMONIO

 

    La comunicazione è di vitale importanza quando uno o entrambi i coniugi sono arrabbiati. L’ira però è una delle principali cause di incomunicabilità nel matrimonio. L’ira è una forte emozione di disgusto e genera un’energia che ci spinge a fare del male o a distruggere colui che la provoca.

    L’ira viene dalla frustrazione o dall’impossibilità di raggiungere ciò che ci eravamo proposti. Il nostro obiettivo inconscio consiste nell’avere e fare ciò che vogliamo e quando lo vogliamo. Generalmente il malumore che deriva dalla frustrazione di questi nostri piani crea tensione nella relazione col nostro coniuge.

    A volte non ci rendiamo conto di quanto siamo furiosi, perché ci nascondiamo dietro altre reazioni, come il risentimento, la frustrazione, l’aggressività, l’odio, la furia, l’indignazione, l’oltraggio, l’antagonismo, l’amarezza, la distruttività, il dispetto, il rancore, l’ironia, il disprezzo, l’inimicizia, la malevolenza, la provocazione e la critica.

    Di fronte all’ira possiamo agire in due maniere, una salutare e l’altra nociva.

 

 

 

REAZIONI NOCIVE

 

1)    Ignori le tue reazioni emozionali. Anche se sei furioso col tuo coniuge dici a te stesso che i tuoi sentimenti non hanno nulla a che vedere con la questione. Se sudi di rabbia, attribuisci ciò al caldo che c’è nella tua stanza.

2) Mantieni la tua ira nel fondo dello stomaco, perché non ti condizioni la mente. Mantieni tutto ad un livello intellettuale e non permetti che il tuo coniuge sappia ciò che tu senti.

3) Continui a negare le tue emozioni. Continui a ripeterti che non sei arrabbiato e lo fai sapere anche al tuo consorte.

4) Mantieni la tua attenzione sul problema e lo riproponi al tuo coniuge. Ciò che conta è vincere la discussione.

5) Se ti arrabbi veramente, ne rendi colpevole il tuo coniuge. Quando discuti con il tuo partner alzi la voce, scopri qualche difetto in lui (o lei) e lo ricalchi con grande precisione ed esagerazione quando si ripresenta. Usi frasi fatte, come “E’ impossibile discutere con te”, “Non dai importanza a niente”, ecc.

6) Non ti concentri sul tuo stato emotivo ma esci di casa pieno di rabbia, prendi un paio di aspirine e valuti l’irrazionalità del tuo coniuge.

 

    Poche coppie hanno l’autosufficienza sociale e la maturità emozionale per lottare costruttivamente per il bene del loro matrimonio. Molte coppie cercano di evitare conflitti costruttivi perché credono che questo li obbligherà a stabilire dei cambiamenti a cui non sono disposti. Per vivere in pace queste coppie devono confidare di buon grado l’uno nell’altra, ammettendo che ciò che ascoltano e sentono è sgradevole e fastidioso.

    Spesso i due coniugi sono troppo orgogliosi per ammettere mutuamente che non si sentono a loro agio, o che sono furiosi o feriti nel loro amor proprio. Il risultato è un raffreddamento nella comunicazione. Ogni comunicazione in una relazione intima si basa sulla fiducia reciproca. Confidare nell’altro è il prodotto della certezza che il coniuge mi considera una persona la cui felicità è legata alla sua.

 

 

 

REAZIONI SALUTARI

 

    Sii cosciente delle tue emozioni. Dimenticati della questione e concentrati nelle tue reazioni emozionali. Ti senti turbato perché l’argomento del partner sembra più sensato? Hai paura che l’altro/a, in preda ormai all’ira, possa colpirti? Ti senti superiore e percepisci che l’altro se ne è reso conto?

    Non aver paura di ammettere le tue emozioni. Accetta il fatto di essere arrabbiato. Se sei sincero ammetterai che la tua ira è un’ira ad alto potenziale e non piccola irritazione.

    Investiga il perché della tua emozione. Domandati: ”Perché sono furioso?”, “Perché mia moglie/marito mi attacca in questo modo?”. Cerca di scoprire l’origine del tuo sentimento di rabbia. Forse hai un complesso di inferiorità occulto, o un timore o una debolezza che non hai mai voluto confessare a tua moglie/marito.

    Condividi il tuo sentimento di rabbia con il tuo coniuge. Esponi semplicemente i fatti, senza interpretazione o giudizio. Di’ qualcosa di simile al tuo consorte: “Basta così, perché sto dicendo cose che non sento e non voglio che questo continui”. In nessun caso devi accusare il tuo partner come colpevole del tuo malumore.

    Decidi come canalizzare i tuoi sentimenti di rabbia. Di’ al tuo consorte: “Incominciamo di nuovo. Credo di essermi tenuto troppo sulla difensiva ascoltandoti”, oppure “Cosa ne pensi se lasciassimo perdere questa questione per il momento? Non mi sento in grado di continuare a discutere adesso”. (Non lasciar passare però troppo tempo).

 

 

 

ATTITUDINI DA ASSUMERE IN PRESENZA DI SENTIMENTI DI RABBIA PER MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE

 

1) Descrivi la condotta o l’attitudine che vuoi cambiare (ira, ansia, male maniere, abitudine di gridare, ecc.)

2) Elenca varie ragioni molto personali per rinunciare a questa condotta o attitudine.

3) Il motivo che deve portarti a cambiare è molto importante. Considera quale potrebbe essere il più importante.

4) In comincia a pensare come dovrebbe essere la tua condotta se vuoi ottenere un miglioramento nella comunicazione con il tuo coniuge.

5) Adotta un atteggiamento positivo. Considera i tentativi che hai già fatto nel passato per cambiarlo e perché sono falliti. Pensa all’atteggiamento che devi adottare adesso.

6) Ogni volta che si elimina una condotta o attitudine negativa, rimane sempre una specie di vuoto. A volte la gente preferisce una condotta povera o cattiva piuttosto che sperimentare questo senso di vuoto. Affinché ciò non succeda sostituisci la tua condotta negativa con una positiva. Descrivi la condotta positiva che vuoi attuare.

7) Leggi Efesini 4:31-32. Annota la condotta o attitudine positiva che questo passaggio ti suggerisce al posto di quella negativa. Annota anche in che modo applicherai questo passaggio nella tua vita. Immagina te stesso mentre fai le cose che la Bibbia suggerisce. Descrivi le conseguenze di pensare e agire in questo modo.

 

 

 

IL PROBLEMA DELL’ANSIETA’ NELLA COMUNICAZIONE

 

    Dio creò l’uomo come un essere pensante e capace di emozioni. Dato che siamo uomini possediamo la facoltà di considerare le cose e di reagire in molte maniere differenti di fronte ad una situazione. La paura é una delle sensazioni che tutti provano prima o poi. La paura basata su pericoli esterni, reali, fisici è salutare, perché ci impedisce di venire travolti da un’auto, o feriti da un’arma o bruciati da una stufa, ecc.

    La paura è un’emozione e come tale si trasforma in energia o forza dinamica. E’ anche un impulso per fare qualcosa. Quando ci riferiamo alla paura pensiamo in espressioni come svenimento, timidezza, timore,

allarmismo, panico, terrore ed errore. Quando vediamo una persona presa dalla paura diciamo che è spaventata, allarmata, nervosa, confusa, intimorita, sospettosa, pusillanime, stupefatta, ecc.

    Qual è la differenza tra paura e ansietà? Ansietà è la sensazione di apprensione o inquietudine per un pericolo che si crede imminente e che non proviene da una causa logica o razionale. Paura, invece, è la risposta emozionale cosciente, stimolata quasi sempre da una minaccia reale alla persona impaurita. La paura è esterna, mentre l’ansietà è un problema interno.

    Spesso utilizziamo la parola “preoccupazione” come sinonimo di ansietà, ma non è del tutto corretto. Preoccupazione significa essere inquieto. La persona che si preoccupa passa lunghi momenti pensando, insistendo in un problema reale o immaginario. Generalmente incomincia pensando le cose peggiori su una certa situazione. La preoccupazione divide la mente (Habacuc 3:16), toglie stabilità emozionale, indebolisce le convinzioni, la capacità di osservazione e di valutazione, riduce il potere decisionale. La tranquillità è tutto il contrario (Proverbi 14:30).

 

 

 

COME VINCERE LE PREOCCUPAZIONI

 

    Tutti siamo d’accordo che le ansie e le preoccupazioni sono distruttive. Ma come evitarle? La Bibbia ci dà una mano (Colossesi 2:6-7 / Filippesi 4:6-7). Ma come mettere in pratica questi consigli?

1) Non affrontare i tuoi problemi da solo. L’ansia tende a dominarci quando incominciamo a pensare: “E’ una situazione terribile. Non c’è maniera di uscirne fuori. Sono perduto!” Possiamo però chiedere aiuto a Dio e confidare nella sua forza.

2) Tu puoi scegliere chi controlla la tua vita. Sono i nostri pensieri che ci controllano o noi controlliamo i nostri pensieri? Non dobbiamo  permettere  che

le preoccupazioni si impossessino di noi e incomincino a dettarci le loro norme di condotta. Preoccupandoci non miglioreremo la situazione. Distogliamo la nostra attenzione su di esse e appoggiamoci su Dio per assumere un atteg-giamento di opposizione alle preoccupazioni.

3) Concentrati nella realtà. Immaginare ciò che può succedere o pensare costantemente alle conseguenze conduce ad uno stato di preoccupazione e ansietà. Affrontiamo la situazione e chiediamo a Dio l’aiuto di cui abbiamo bisogno (Filippesi 4:6-7).

4) Sii sincero con te stesso e accetta i tuoi problemi. Non credere di essere un fallito perché l’angoscia ti scoraggia. Metti da un lato le preoccupazioni e definisci i termini del problema. Dà grazie a Dio, anche se non vedi la soluzione (Giacomo 1:2-4). Concentrati più nella soluzione che nel problema (vedi Matteo 14:26-33). Affrontiamo ogni situazione con la fede riposta in Gesù, confidando nel suo aiuto e guida, utilizzando le risorse disponibili per noi e cercando soluzioni fattibili riguardo al nostro problema.

5) Pensa alle possibili soluzioni. Elenca le tue preoccupazioni e ansie. Se sei inquieto per la prossima fattura da pagare non ti lasciar prendere dall’al-larmismo, ma confeziona una possibile lista di soluzioni: lavoro extra, chiedere un prestito, vendere qualche oggetto prezioso, ecc. Mantieniti poi in stretto contatto con Dio per percepire quale potrebbe essre la migliore direzione da prendere.

 

6) Lavora attivamente nella soluzione. Pensare nelle possibili soluzioni non è sufficiente, bisogna agire.

7) Non concentrarti in cose che ti turbano. Quando Pietro si concentrò sulle onde che lo circondavano in cominciò ad affondare. Considera ciò che aumenta la tua ansietà o preoccupazione e mantieniti lontano da queste aree. Se, per esempio, ti disturba ascoltare le notizie del TG perché tendono spesso al negativo, cerca un’occupazione in un’altra parte della casa, mentre il tuo partner ne è interessato. Se ti stai innervosendo per un punto di vista del tuo coniuge che non condividi, occupati in altre cose e dai grazie a Dio per tutte le benedizioni avute insieme.

8) Accetta ciò che non può essere cambiato. Accettare ciò che non si può cambiare, conservare i valori chiave e vivere la vita giorno per giorno può eliminare molta tensione e ansietà nella relazione matrimoniale. Ci serve serenità per accettare ciò che è irrimediabile, coraggio per cambiare ciò che può essere cambiato e sapienza per distinguere l’uno dall’altro. Affronta il fatto che per quanto ti preoccupi o dica non potrai così cambiare il tuo coniuge. D’altro canto accettarlo e amarlo per quello che è può liberare entrambi da molte preoccupazioni. I cambiamenti che tu accetti per la tua vita possono rendere il matrimonio più solido e soddisfacente.

9) Conserva i valori cristiani. Che cosa guadagni preoccupandoti? Ricorda le parole di Cristo in Matteo 6:25. Mentre ti sforzi per risolvere i tuoi problemi, non dimenticare i valori cristiani e ricordati che la sicurezza cristiana non ha niente a che vedere con successo o fallimento. Cristo ci ama sia che trionfiamo o falliamo. Se confidiamo in Lui riceveremo il suo aiuto.

10) Vivi giorno per giorno. Non essere troppo preoccupato per ciò che ti riserverà il domani e concentrati nel presente. Oggi è l’unico giorno di cui disponiamo.

 

 

 

LA TENSIONE NON PUO’ AVERE RISVOLTI POSITIVI

 

    I momenti più penosi della vita possono essere anche occasioni di comunicazione a livelli più profondi della comprensione mutua. La perdita del lavoro, la malattia di un figlio, la morte di una persona cara, ecc., evidenziano la necessità di cooperazione e manifestano il bisogno l’uno dell’altra. Quando giungono le complicazioni, non lasciare che le ansie ti rendano debole e miserabile, ma cerca Dio e cerca anche il tuo coniuge con la fiducia che insieme potrete affrontare qualsiasi avversità.

 

 

 

COME AFFRONTARE I CONFLITTI

 

    Quando sorge un conflitto nel matrimonio bisogna affrontarlo con la convinzione che un disaccordo non significa essere arrivati alla distruzione della vita coniugale. Un disaccordo non deve mai diventare la miccia che fa esplodere il barile della polvere, cioè le emozioni. Marito e moglie devono imparare ad essere “gradevolmente in disaccordo” o a “lottare con nobiltà” sui diversi punti di vista. Alcune coppie utilizzano il “trattamento del silenzio” come mezzo per evitare le controversie o come arma per controllare, frustare o manipolare il proprio coniuge. A volte uno sceglie il cammino del silenzio perché è la via meno dolorosa, o perché l’altro nel passato non è stato propenso ad ascoltarlo. Anche una profonda ferita morale può mantenere in silenzio uno dei due coniugi. Il silenzio però non risolve i problemi e mai dobbiamo farci scudo del silenzio per il timore di affrontare la realtà di un problema.

    Nel silenzio entrambi i coniugi sperimentano frustrazione e una crescente sensazione di futilità. Quanto più il coniuge comunicativo cerca di parlare, più l’altro si chiude nella sua ostilità. Il primo, così, si sente deluso e ferito nel suo amor proprio e può arrivare ad alzare la voce e ad usare violenza nel tentativo di tirare l’altro fuori dal suo rifugio. Ma ciò è inutile e l’altro si chiude ancora di più. Se chiedi ad una persona silenziosa: “Perché non mi parli?”, oppure: “Per favore, dimmi qualcosa!”, o “Ma perché non riusciamo a comunicare?”, ciò contribuisce soltanto a rafforzare il silenzio dell’altro. La cosa migliore da fare, allora, è lasciare che sia l’altro a scegliere il momento opportuno per parlare. Se poi inizia a parlare, dobbiamo dimostrargli che desideriamo ascoltarlo senza giudicare ciò che dice, accettando le frustrazioni derivate dal fatto che non sentiamo ciò che vorremmo ci dicesse. Se riusciamo a creare un clima di accettazione e cameratismo, il coniuge taciturno incomincerà a parlare e così si ristabilirà la comunicazione.

    Bisogna fare attenzione a non accumulare ostilità nel tentativo di convincere il coniuge ad aprirsi. Il peggior metodo per affrontare i sentimenti di irritazione e frustrazione è di negarli o reprimerli. I sentimenti devono venire espressi e non accumulati, perché così facendo arriverà il giorno dell’esplosione, con tutte le conseguenze negative che ciò comporterà. I sentimenti possono essere espressi in un modo salutare.

    Supponi che il tuo coniuge agisca negativamente nei tuoi confronti e che diventi addirittura furioso. Fatti allora queste domande:

 

1) Mi sento veramente ferito o colpito da questa situazione?

2) Servirebbe a qualcosa un contrattacco provocato da altrettanta rabbia, an-che se fosse giustificato?

3) Infuriarmi è la cosa più efficace che potrei fare?

4) Che cosa otterrei con la mia ira?

5) Cosa devo dire ad un’altra persona che è infuriata?

 

    Una cosa da non dire è: “Non ti arrabbiare adesso!” perché l’effetto che ne deriverebbe sarebbe controproducente. Di’ invece: “Mi dispiace che qualcosa ti abbia irritato. Se è stata colpa mia, scusami. Che posso fare per te?” (Proverbi 15:1). Bisogna fare il possibile poi per mantenere la discussione sul terreno impersonale. Molte coppie, invece di affrontare il problema, si attaccano l’un l’altra con parole dure e sarcastiche.

 

    Ecco 5 consigli per scontrarsi con il problema e non con il coniuge:

1) Qualsiasi accusa deve essere sostenuta da fatti.

2) Vivi il presente. Non riprendere aspetti di cinque o sei mesi fa. Evita di dire: “Ricordo quando…” (Filippesi

    13:3).

3) Non fare riferimento ai tuoi genitori o suoceri.

4) Non fare riferimenti all’aspetto del tuo coniuge. Non cercare, in altre parole, di fare allusioni sarcastiche

     all’obesità, alla calvizie, ad un abito che non sta bene, ecc.

5) Evita rappresentazioni drammatiche, in particolare le lacrime. Il pianto è normalmente un mezzo per

     manipolare l’altro. Non minacciare chissà quali conseguenze, il suicidio, per esempio.

     Nessuno di questi metodi, però, dà veri risultati.

 

    Impara a mettere il tuo coniuge al corrente dei tuoi sentimenti. Non scagliarglieli addosso come fossero pietre o frecce. Bisogna imparare l’arte di andare diritti al punto, bisogna imparare, cioè, ad essere coscienti di ciò che uno sente in realtà e a sviluppare l’arte di esprimerlo chiaramente con parole. Bisogna usare a questo riguardo frasi dirette e non tortuose, manifestazioni specifiche e non generalizzate. La moglie critica il marito quando si siede a tavola nascosto dietro il giornale. “Stai attento a non rovesciare il caffè”, dice, ma quello che vorrebbe veramente dire è: “Mi disturba che ti metta a leggere il giornale invece di parlare con me”. Parlare in questo modo implica il fatto di essere sinceri cui propri sentimenti, sia positivi che negativi. Ed essere capaci di esprimerli in modo non offensivo. Dire per esempio: “Mi disturba che tu…”, non è come dire: “Ecco, tu sei sempre il solito..”. La maturazione in una coppia porta i due coniugi a dirsi, senza timori o aggressività, tutto ciò che sentono realmente (Ecclesiaste 3:1-7). E’ bene riuscire a chiamare le cose con il loro nome e con amabilità.

    Cerca di sapere sempre con esattezza ciò di cui stai discutendo e non andartene per la tangente. Non introdurre nella discussione cose senza importanza o che non hanno nulla a che vedere con la questione in esame. Bisogna a volte ricominciare da capo, perché si è saltati di palo in frasca. Fallo tu e non aspettare che sia l’altro a prendere questa iniziativa.

    Quando sei coinvolto in una discussione importante devi chiederti: “Ma è poi così grande questo problema o la disparità dei punti di vista, come io mi sto immaginando? Cerco una soluzione o cerco solamente dei problemi?” Tendi a vedere il lato buono o quello cattivo delle cose? Sei solito permettere che i problemi dimorino nella tua mente? Sei solito crearti problemi? Le risposte a queste domande dipendono dal fatto che tu abbia una visione ottimista o pessimista della vita. C’erano due contadini, uno ottimista e l’altro pessimista. Il primo diceva: “Che sole stupendo!” e l’altro rispondeva: “Temo che brucerà il raccolto” e ancora: “Che pioggia provvidenziale” e il pessimista: “Temo che ci sarà un’inondazione”, ecc. Noi a volte non vediamo le virtù del nostro coniuge, perché ci fissiamo sui suoi difetti (Filippesi 4:8-9).

    Se critichi il tuo coniuge devi anche offrirgli una soluzione possibile. Se dici, per esempio: “Guarda come hai lasciato il bagno, sembra un porcile!”, non aiuta a risolvere nulla. Se dici invece: “Non pensi che sarebbe meglio se…”, offre una soluzione al problema e comunica nello stesso tempo la tua impressione negativa per la situazione (Romani 14:13).

 

    Non dire mai frasi come queste:

1) Non arrivi mai in tempo

2) Dici sempre queste cose

3) Tutti gli uomini sono uguali

4) Tutti dicono che sei così e io lo confermo (seguono insulti).

 

    Altri due sistemi eccellenti per togliere asperità in una conversazione sono:

1) Vigilare il tono della voce

2) Non esagerare.

 

    Quasi tutti tendiamo ad elevare il tono della voce durante le discussioni in famiglia. E’ come se volessimo dire: “Siccome sei sordo alle mie parole, griderò per fartele capire meglio”. Alzare la voce mette l’altro coniuge sulla difensiva e può anche fargli credere che il partner abbia perso il controllo della situazione.

    E’ molto facile aggravare i problemi mediante l’esagerazione. Quando abbia-mo la sensazione che i fatti, nella loro dimensione naturale, non impressionino il nostro coniuge, cerchiamo allora di alterarli e ornarli un po’ per attirare la sua attenzione. Le generalizzazioni sono una tipica forma dell’esagerazione: “Non finisci mai quello che inizi in casa. Sono già sei mesi che hai iniziato quel lavoro…”, “Sei sempre in ritardo, non riusciamo mai ad essere puntuali una volta” (Efesini 4:15).

    Abbi l’umiltà di riconoscere che ti puoi essere sbagliato. Quando riesci a riconoscere che l’altro ha ragione, stai facendo un passo da gigante verso la comunicazione e fortifichi la tua relazione coniugale. Chiedi scusa se la circostanza lo richiede (Giacomo 5:16 / Proverbi 28:13). Non giocare con il coniuge dicendo: “Lo so che è colpa mia”. E’ semplice utilizzare il trucco di darsi sempre la colpa per manipolare il partner e interrompere così la discussione senza avere però risolto nulla. Se hai sbagliato, ammettilo di buon grado.

    Quando dovrai affrontare la giusta critica del tuo consorte ricorda questi versetti: Proverbi 13:18 ; 23:22 ; 25:12. E quando l’altro ti confessa il suo errore, esprimi chiaramente a parole il tuo perdono. Anche quando hai ragione prendi l’iniziativa di  perdonare  e dimenticare (Proverbi 17:9 / Colossesi 3:13).

    Perché la tua vita matrimoniale rimanga pervasa da un’atmosfera d’amore devi fare due cose:

1) Ammetti quando hai torto

2) Taci quando hai ragione.

 

 

 

LA COMUNICAZIONE: MEZZO PER ALIMENTARE L’AMOR PROPRIO

   

    Una chiave per la comunicazione è alimentare l’amor proprio del coniuge. L’amor proprio di una persona è il suo giudizio generale di se stessa, del valore che dà alla sua persona. Un elevato senso di amor proprio o di stima propria non è sinonimo di narcisismo. Avere amor proprio significa possedere sentimenti di autorispetto e di valore. In altre parole, significa sentirsi soddisfatti di essere come si è.

    Ogni coniuge deve cercare di edificare l’amor proprio dell’altro, facendolo sentire importante, desiderato, valente e soprattutto amato. A questo riguardo sforzati di mantenere un’atmosfera tollerante nella tua casa. In un simile ambiente marito e moglie hanno la libertà di condividere apertamente e sinceramente ciò che sentono, pensano e credono. Ogni membro della famiglia ha il diritto di esprimere la verità in amore e armonia.

    A volte uno dei due coniugi si dirige all’altro dicendo: “Non ti ho detto questo perché temevo di offenderti”. La preoccupazione per i sentimenti dell’altro è una buona cosa, ma in alcuni casi impedisce quella comunicazione aperta di cui c’è bisogno in un matrimonio. Dire la verità può ferire, certo, ma non dirla può essere a volte più dannoso. A volte si evitano discussioni costruttive, fatte in piena sincerità, perché si teme di dover introdurre dei cambiamenti nella propria vita.

 

    Ecco alcune norme per una comunicazione aperta e tollerante in famiglia:

1) Considera gli aspetti positivi della sincerità. Quando marito e moglie vanno in stretto contatto non possono

     avere grandi cose da nascondersi.

2) Ci deve essere certamente un momento in cui prendiamo il nostro consorte e gli comunichiamo quello che

     alberga nel nostro cuore.

3) Uno degli usi più censurabili della sincerità è quando la si utilizza come arma di attacco: “Certo che esco con

     gli amici questa sera, perché tu sei troppo freddo con me!”

4) Siamo onesti con noi stessi senza scuse o giustificazioni. Ammettiamo i nostri errori.

5) Prima di emettere un giudizio è bene ascoltare le due parti in causa.

 

    Ma può la sincerità a volte provocare più danni che benefici? Non è forse meglio mentire che arrecare una ferita nel coniuge? Le bugie però possono venire scoperte alla lunga e potrebbero creare una situazione ancora più sgradevole. Quando abbiamo la tentazione di mentire per evitare una situazione spiacevole, dobbiamo chiederci se temiamo veramente di ferire il nostro partner o se siamo preoccupati per noi stessi, dei fastidi a cui andremo incontro se diciamo la verità. Non dobbiamo rifuggire dalla responsabilità delle nostre azioni.

    Ci sono delle occasioni in cui tacere parte della verità sembra la cosa più consigliabile, perché l’altro non è preparato a riceverla per intero. Ciò però potrebbe portare il coniuge a pensare il contrario di ciò che è la realtà dei fatti. Questo significa anche giocare con i sentimenti del coniuge e rovinare la linea di comunicazione creatasi fino a qui. Sforzati nel cercare di comprendere i punti di vista del tuo partner, così come cerchi di far comprendere i tuoi. Ognuno porta con sé le abitudini che ha sviluppato nell’ambiente in cui è cresciuto.

    Quando uno dei due coniugi si innervosisce perché l’altro non lo comprende è come se dicesse: “Tu non vuoi modellarti alle mie idee, né al mio modo di fare le cose!” Se entrambi i coniugi incominciano a dire: “Tu non mi capisci”, il problema è serio e la comunicazione diventa sempre più difficile. Se un coniuge vive preoccupato per essere capito dal suo partner è infelice, amareggiato e prova una grande autocompassione. Quando però si sforza di comprendere l’altro e di cercare di capire ciò che fino ad ora non ha capito, allora l’andamen-to della vita coniugale cambia. Quando una persona si sente compresa si apre e, abbassando la guardia, permette agli altri di comprenderla meglio. I coniugi devono dedicarsi in modo totale a comprendere quali sono i motivi che portano l’altro a rallegrarsi, a rattristarsi, a preoccuparsi, a sognare (Efesini 4:2 / Filippesi 2:2-4).

 

    Il grido: “Non mi capisci!” è l’esplosione infantile di un coniuge immaturo che sta preparando una trappola all’altro. Riconosci che un certo tipo di informa-zioni non puoi ottenerle se non chiedendole al tuo partner. Non pensare di sapere ciò che il tuo coniuge pensa. Discuti prima la questione con lui/lei. Si possono avere impressioni su ciò che l’altro pensa sulla base di atteggiamenti esterni o per esperienza, ma è meglio comunicare piuttosto che supporre.

    Il primo dovere dell’amore è ascoltare. Ascoltare richiede disciplina. Ci è difficile farlo e ciò è dovuto alla nostra impazienza o mancanza di concentra-zione, specialmente quando l’altro dice cose che non vogliamo sentire. E’ difficile ascoltare quando l’altro sceglie un momento poco opportuno (nel momento di addormentarsi per esempio). Chiediamoci, però, la ragione per cui il nostro coniuge ha scelto questo strano momento. Forse era  in difficoltà a parlarne prima. Non rispondiamo, quindi, “Ne riparleremo domani”.

    A volte si ascolta non tanto per cercare di comprendere il messaggio, ma piuttosto per fare le dovute correzioni (es.: l’anno scorso siamo andati in vacanza a metà luglio…Oh no, caro, era il 18 luglio, alle 8 di mattina. La prima tappa l’abbiamo fatta a Bologna…Oh no, guarda che è stato a Modena; ecc.). C’è poi chi ascolta per completare il pensiero di colui che parla (es.: Caro, oggi sono stata al mercato e…Non mi dire che hai dimenticato il biglietto della spesa. No, volevo dirti che ho incontrato Giovanni e…Ah, Giovanni Rossi, come sta? Come si trova nel suo nuovo appartamento? No, non questo di Giovanni, ma…). C’è poi il tipo minuzioso, che ascolta così bene che quando risponde sembra sottomettere l’interlocutore ad un esame.

    Ecco un paio di versetti riguardanti il saper ascoltare: Proverbi 18:13 / Giacomo 1:19. Quando cerchi di comunicare con il tuo consorte ricorda che parlare troppo può essere così nocivo come parlare poco (Proverbi 10:19). Una forma tipica di parlare troppo è ripetere le stesse cose per una ragione o l’altra. Ciò non porta nulla di buono. A volte è necessario insistere, ma può portare all’abitudine di reagire solo dopo aver ripetuto le cose molte volte. Se devi ripetere le cose molte volte significa che non sei preso sul serio o che il tuo modo di fare irrita. Trova il modo di essere carino e di attirare così subito l’attenzione su di te, per esempio abbracciando il tuo partner o mettendogli una mano sulla spalla e guardandolo negli occhi.

 

    Non aver fretta nel parlare (Giacomo 1:19). Prima controllati e poi parla in modo tale che il tuo coniuge possa comprendere e accettare ciò che dici (Proverbi 21:23 ; 29:20). Trarre delle conclusioni precipitate è un modo per distruggere l’amor proprio del coniuge. E’ meglio prima esaminare bene la situazione (Esempio: Caro, oggi sono stata ai grandi magazzini…E così hai speso un mucchio di soldi in vestiti, vero? Oppure: I miei compagni di lavoro stanno programmando una partita a pallone e io…E così vai a giocare quando devi verniciarmi la porta di casa e sono tre mesi che aspetto che tu lo faccia).

    Non è solamente importante dominarci prima di passare all’attacco con le nostre conclusioni, ma questo autodominio, impiegato positivamente, ci aiuta a fare l’osservazione giusta al momento opportuno (Proverbi 15:23).

    Per alimentare l’amor proprio del consorte (della moglie in particolare) è opportuno fare dei complimenti, esprimere cioè approvazione spontanea per situazioni che riguardano il partner (aspetto fisico, un lavoro eseguito bene, successo in certe iniziative, ecc.). Mostra rispetto per le opinioni del coniuge, anche se non sei d’accordo. Non è possibile avere sempre punti di vista coincidenti. Disprezzare però l’opinione dell’altro, ostacola la comunicazione (Filippesi 2:3-4). Non giudicare il coniuge per ciò che ha fatto nel passato e che non trova la tua approvazione per completo. Dio è molto più interessato a ciò che una persona può diventare piuttosto che a ciò che è stata.

 

    Non entrare in discussione con il tuo partner con dei pregiudizi basati anche su realtà del passato:

1) E’ inutile discutere con lui/lei, tanto non mi comprende mai

2) …tanto non ascolta ciò che dico

3) …tanto non cambierà mai

4) …tanto dice una cosa e poi ne fa un’altra

5) …tanto è una situazione senza uscita.

 

    Facciamo come Dio che ci ha perdonato e continua a perdonarci, guardando sempre a ciò che possiamo essere o diventare se rispondiamo all’opportunità che abbiamo in Cristo.

    Se ami veramente il tuo coniuge non gli chiederai (sottilmente o con altri metodi) di diventare una versione modificata delle tue idee o un’edizione corretta di te stesso. Lascia che il tuo partner abbia proprie abitudini e una sua personalità. Non dar a intendere che ami il tuo coniuge maggiormente quando è d’accordo con i tuoi punti di vista. Ricorda che chi condanna sarà condannato. Prima di esprimere la tua critica, chiediti: “Sto cercando di aiutare questa persona o cerco di imporle il mio modo di vedere? Rispetto e apprezzo questa persona per ciò che è o cerco di insinuare in lei le mie idee riguardo a ciò che è rispettabile, giusto o spirituale?”

    Pregate l’uno per l’altra in privato e leggete insieme la Bibbia. La famiglia che prega unita non solo rimane unita, ma ha una capacità maggiore di comunicazione.

    Marito e moglie dovrebbero passare del tempo insieme per studiare 1 Samuele 12:23. Samuele aveva delle responsabilità personali riguardo il suo popolo, che gli furono date da Dio. Anche i coniugi si responsabilizzano l’uno nei confronti dell’altro, sia sul piano fisico che mentale, emozionale e spirituale. E’ soltanto quando entrambi i coniugi pregano insieme davanti a Dio che trovano il segreto dell’armonia autentica e la differenza tra i loro caratteri, idee e gusti arricchisce la loro casa invece che portare pregiudizio. Non deve continuare la norma che uno voglia imporre la sua volontà sull’altro o che questo si rassegni per mantenere la pace in casa. Entrambi i coniugi devono sottomettersi alla volontà di Dio, unico modo perché si sviluppi pienamente la volontà di ciascuno di loro. Quando ognuno dei due coniugi riconosce tranquillamente davanti a Dio i suoi errori e peccati e chiede all’altro di essere perdonato, i problemi coniugali spariscono. Ognuno impara il linguaggio dell’altro e impara a leggerne i pensieri. Si reprimono in questo modo i commenti aspri nel tentativo di dimostrare la propria ragione. I coniugi, pregando insieme, riscoprono una completa fiducia mutua, perché imparano ad essere sinceri tra loro. Questo è il premio che si ottiene se entrambi i coniugi, con diversa personalità, mettono in comune i loro doni, invece di usarli per fomentare la discordia.

 

    La comunicazione è un mezzo e non un fine. Il fine del matrimonio è l’amore, l’amore per Dio e per il nostro coniuge. Quando la coppia pensa unicamente alla felicità non riesce a comunicare amore vero. Ciò che fanno è idolatrarsi mutuamente, limitandosi a possedere e ad adorare il loro idolo. Questa devozione li separa da Dio e dalla esperienza cristiana dell’amore, dato che i due coniugi si amano più di quanto amino Dio. La più elevata forma dell’amore libera queste due persone dall’idolatria, impedendo loro di dominarsi e possedersi. Solamente Dio è degno della massima devozione. La coppia, quindi, non deve vivere interamente per se stessa, ma deve riconoscere che ogni forma d’amore ha la sua origine in Dio. Come sposi amanti, marito e moglie sono intermediari dell’amore di Dio e permettono che il loro amore serva per un fine più alto.

 

 

Questa libera traduzione è la sintesi del libro di H. Norman Wright: "Communication, key to your marriage"