LA
FEDE CHE SPOSTA LE MONTAGNE
Questa
meditazione è tratta dal libro:
“Ma
è proprio vero che…Dio non
vuole che i suoi figli soffrano”
pubblicato
dal pastore Lamberto Fontana
In
questa fase storica della Chiesa sta prendendo sempre più piede l’insegnamento
che il credente deve impossessarsi dei diritti che gli sono conferiti dalla sua
posizione di figlio di Dio. Diritto alla salute, diritto a non avere debiti,
diritto ad un posto di prestigio nella società, diritto ad avere una famiglia
unita e felice, diritto a non essere toccato dal Demonio, diritto a vivere in
pace, diritto a disporre del potere dello Spirito Santo nelle più svariate
circostanze.
Ci viene
detto che se crediamo a queste benedizioni e proclamiamo che sono già nostre, le
otterremo con assoluta certezza. Se, quindi, dobbiamo concentrarci su ciò che è
già nostro, non è più il caso di pregare e se dobbiamo confessare che tutte le
promesse presenti nella Scrittura sono già reali nella nostra vita, non è più
necessario rivolgersi a Dio cercando la Sua misericordia.
Pensando
in questo modo risulta evidente che è la nostra fede ad operare e ad ottenere
quanto desiderato, non è più il risultato di un atto sovrano del nostro Padre
celeste.
La
Scrittura conferma che tutto ci viene dato e non acquisito automaticamente nella
misura in cui ci convinciamo di essere persone vincenti:
“Io
altresì vi dico: chiedete con perseveranza, e vi sarà dato; cercate senza
stancarvi, e troverete; bussate ripetutamente, e vi sarà aperto”
(Luca
11:9) ;
“Chi ti
distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai
ricevuto perché ti vanti, come se tu non l’avessi ricevuto?”
(1
Corinzi 4:7).
Grazie a
questa dottrina, però, riusciamo ad eliminare dalla nostra vita uno degli
aspetti che più ci infastidiscono come esseri umani, la dipendenza. Per poter
vivere questa “libertà carnale”, allora, evitiamo di parlare del potere della
croce nelle nostre vite e ci concentriamo solo sul potere della fede, che tocca
a noi portare ad un livello di crescita costante, conferendole un’efficacia
sempre maggiore.
Ma la
Parola è affilita come una spada a doppio taglio, penetra fino a dividere
l’anima dallo spirito e giudica i pensieri e i sentimenti del cuore:
“Se uno
vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e
mi segua”
(Luca
9:23) ;
“Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e
umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre”
(Matteo
11:29) ;
“Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto
se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la
vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta
molto frutto; perché senza di me non
potete fare nulla”
(Giovanni 15:4-5).
Così ci
piace pensare che tramite la nostra fede possiamo spostare qualsiasi montagna in
qualsiasi momento. Ci piace pensare che non dobbiamo cercare l’approvazione di
Dio o aspettare la Sua decisione in merito a ciò che noi vogliamo avvenga,
perché “se due di voi sulla terra si
accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre
mio che è nei cieli” (Matteo
18:19).
Ci piace
pensare che siamo noi a mettere in moto il potere dello Spirito Santo, credendo
e visualizzando come già ottenuto ciò che proclamiamo con la nostra bocca, e non
un atto sovrano di Dio.
Ma i
discepoli di Gesù, che avevano vissuto tre anni accanto al Maestro e avevano
assimilito il Suo modo di relazionarsi con il Padre, non credevano esattamente
ciò che viene predicato ai giorni nostri:
“Adesso
Signore…concedi ai tuoi servi di
annunciare la tua Parola in tutta franchezza,
stendendo la tua mano per guarire,
perché si facciano segni e prodigi mediante il nome del tuo santo servitore
Gesù. Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti tremò; e tutti furono
riempiti dello Spirito Santo, e annunciavano la Parola di Dio con franchezza”
(Atti
4:29-31) ;
“Gesù,
alzati gli occhi al cielo, disse: Padre,
ti ringrazio perché mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci
sempre”
(Giovanni 11:41-42).
Il
Signore degli eserciti ha forse bisogno della nostra fede per portare a
compimento i Suoi progetti, o basta la Sua determinazione ad agire?
Dio,
infatti, dice di sé: “Allora la Parola
del Signore fu rivolta a Geremia in questi termini:
Ecco, io sono il Signore, Dio di ogni carne;
c’è forse qualcosa di troppo difficile
per me?” (Geremia
32:26-27).
Nella
Bibbia, inoltre, troviamo numerosi esempi che ce lo confermano.
Con un
atto sovrano, cioè senza essersi consultato con nessuno o aver chiesto
l’autorizzazione a qualcuno, Dio sceglie Abramo per stabilire con lui un patto.
Lo visita e gli rivela che lo moltiplicherà grandemente fino a farlo diventare
padre di molte nazioni e che in lui saranno benedette tutte le famiglie della
Terra.
Dopo
molti anni di silenzio, Dio appare di nuovo ad Abramo e gli dice:
“Quanto a Sarai tua moglie, non la
chiamare più Sarai; il suo nome sarà, invece, Sara. Io la benedirò e da lei ti
darò anche un figlio; la benedirò e diventerà nazioni; re di popoli usciranno da
lei. Allora Abraamo si prostrò con la faccia a terra, rise, e disse in cuor suo:
Nascerà un figlio a un uomo di cent’anni? E Sara partorirà ora che ha
novant’anni? Abraamo disse a Dio: Oh, possa almeno Ismaele vivere davanti a te!
Dio rispose: No, Sara, tua moglie, ti partorirà un figlio e tu gli metterai il
nome di Isacco” (Genesi
17:15-19).
Abramo è
chiaramente incredulo e cerca di deviare il discorso sul figlio avuto da Agar,
chiedendo per lui il compimento di questa promessa. Nessuno, però, può
ostacolare o modificare i Suoi propositi, perché Dio è
“colui che apre e nessuno chiude, che
chiude e nessuno apre”
(Apocalisse 3:7). Non sarà certo l’incredulità di Abramo a farlo arretrare e
così gli conferma in maniera inequivocabile quanto ha affermato un attimo prima.
Sara,
che avrebbe dovuto partorire materialmente il figlio Isacco, ha una reazione
simile a quella del marito Abramo e dubita in cuor suo. Ma Dio non ne è
preoccupato e coglie l’occasione per riaffermare la Sua promessa ed evidenziare
la Sua onnipotenza:
“Poi
essi gli dissero: Dov’è Sara, tua moglie? Ed egli rispose: E’ là nella tenda. E
l’altro: Tornerò certamente da te fra un anno; allora Sara, tua moglie, avrà un
figlio. Sara intanto stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, che era dietro
di lui. Abraamo e Sara erano vecchi, ben avanti negli anni, e Sara non aveva più
i corsi ordinari delle donne. Sara rise dentro di sé, dicendo: Vecchia come
sono, dovrei avere tali piaceri? Anche il mio Signore è vecchio! Il Signore
disse ad Abraamo: Perché mai ha riso Sara, dicendo: Partorirei io per davvero,
vecchia come sono? Vi è forse qualcosa
che sia troppo difficile per il Signore? Al tempo fissato, l’anno prossimo,
tornerò e Sara avrà un figlio. Allora Sara negò, dicendo: Non ho riso; perché
ebbe paura. Ma egli disse: Invece hai riso!”
(Genesi
18:9-15).