DIO, DI TE NON HO BISOGNO

 

Ho 48 anni e ho incontrato e accettato Gesù come mio personale salvatore e Signore nell’anno 1999, a 37 anni.

Provengo da una famiglia cristiana cattolica più per tradizione che per convinzione: mio padre è ateo (o almeno così crede), mia madre era praticante.

Ho frequentato la parrocchia sin dalle elementari, prima nella scuola di canto e poi come catechista e animatrice.

 

Sono stata un’adolescente con qualche problema: cresciuta all’ombra di una sorella che, io credevo, i miei genitori amavano più di quanto amassero me, non ho certo sviluppato autostima e fiducia in me stessa; sempre tormentata, alla ricerca, riempivo diari in cui gridavo a Dio dal profondo del mio cuore chiedendogli:” Chi sei? Dove sei?” ma non ricevendo mai alcuna risposta. Le risposte, allora, le cercavo negli occhi degli altri, facendo di tutto pur di farmi amare, per fare in modo che almeno sulla terra qualcuno si accorgesse di me ma il risultato era che le persone alla fine si stancavano e mi trovavano odiosa o invadente…

 

A ventidue anni mi sono sposata più che per vero amore, per uscire da una famiglia un po’ troppo soffocante, in cui i rapporti si facevano via via sempre più tesi. Comunque, mi sono sposata in chiesa, convinta del sacro vincolo del matrimonio religioso, convinta che Dio mi avrebbe aiutato a superare ogni difficoltà ma, purtroppo, dopo sei anni di agonia anche il mio matrimonio fallì: ora ero davvero sola, cosa potevo fare? Non potevo e non volevo ritornare alla casa di mio padre, dovevo reinventarmi un’altra vita, una vita in cui potevo contare solo su me stessa e sulle mie forze, non avevo nessuno: non ero riuscita in 28 anni a instaurare rapporti sani con le persone, semplicemente perché ancora non ero riuscita ad instaurare un rapporto sano con me stessa, ancora non avevo imparato ad accettarmi e a volermi bene per quella che ero.

 

Ero arrivata alla resa dei conti anche con Dio: “ok, dicono che ci sei, io non ci credo perché ti ho cercato tutta la vita e non ti ho MAI trovato, quindi non esisti, altrimenti non avresti permesso che il mio matrimonio fallisse così miseramente nonostante tutte le mie preghiere, non avresti permesso che io mi ritrovassi, con tutti i problemi che ho, in questa situazione da cui non vedo via di uscita, non voglio più avere a che fare con te! Sono sola, va bene, vivrò la mia vita da sola e con le mie sole forze: tu non mi servi!”

 

Per dieci anni ho vissuto una vita fatta solo di lavoro (era l’unica cosa rimastami e che riempiva il mio vuoto) e di relazioni sbagliate, sempre nell’affannosa ricerca di una persona che mi amasse veramente, di una persona che soddisfacesse i miei bisogni, praticamente una persona sulle cui spalle caricare il peso della mia felicità. Ho incontrato diversi uomini, con alcuni ho intessuto relazioni sentimentali fallimentari, concedendomi completamente perché pensavo che, in fondo, era questo che volevano da me e che se non avessi concesso loro il mio corpo mi avrebbero abbandonato e sarei rimasta di nuovo sola. Ogni relazione che finiva per me era uno strazio, una fatica dolorosa era rialzare di nuovo la testa dopo l’ennesima delusione: cosa c’era di sbagliato in me? Perché nessuno mi amava? Non facevo forse tutto quello che volevano? Non ero forse abbastanza attenta ai loro bisogni (che cercavo di prevenire in tutto e per tutto), non era sufficiente che desiderassi di essere come credevo loro mi volessero?

 

Ero sola, insoddisfatta, depressa, stanca: avevo la strana sensazione che gli atomi del mio spirito fossero sparsi per tutto l’etere: avevo bisogno di ricomporli. Quella non era vita! Non potevo continuare così! Allora ho detto basta! Adesso è il momento di ritornare a casa!

Già, a casa, ma quale casa? Dov’era la mia casa? Chi era la mia casa?

 

Nell’anno 1994 avevo sentito parlare di Gesù, ma, stranamente, in un modo del tutto nuovo: non si trattava del Gesù teologico o dottrinale. Chi mi parlava di lui l’aveva incontrato realmente e l’aveva accettato nella sua vita. Sono stata invitata a partecipare ad un convegno di cristiani nati di nuovo. Ci sono andata così, per curiosità, tanto, mi dicevo, che avevo da perdere? Durante l’incontro, il pastore che conduceva, disse che chi sentiva il bisogno di essere guarito, fisicamente o spiritualmente, poteva avvicinarsi al palco affinché il pastore stesso potesse pregare per lui. Io dissi alla persona che fra le altre mi accompagnava: “ Io non vado, penso che ci siano persone che abbiano più bisogno di me”.

 

La risposta di quella persona ancora la conservo nel mio cuore e, oggi, capisco come Dio usi le circostanze per realizzare i suoi piani: chi è che ha più bisogno di te?

Mi invitava, in un certo qual modo ad essere ‘egoista’, a spingermi oltre la folla per toccare il mantello di Gesù che passava. Quel giorno non mi presentai sul palco, ma un seme era stato gettato nel mio cuore malato e bisognoso. Rimase custodito fino a quando, una mattina del mese di luglio del 1999, al mio risveglio, come Paolo, sulla via per Damasco, la mia mente si aprì, il mio cuore comprese chiaramente ciò che lo Spirito Santo rivelava al mio spirito: Gesù è veramente il figlio di Dio, fatto uomo, caricato del peso dei nostri peccati che sono stati inchiodati con lui sulla croce, risorto e vivente!

 

Ero nata di nuovo: sentivo che dentro di me era entrato il soffio di una vita nuova, la vita stessa di Gesù, sentivo nascere in me una nuova forza e una nuova speranza.

Il Signore aveva ascoltato la mia preghiera, quella che era sempre rimasta nel profondo del mio cuore, che io non sapevo più neppure di avere, la preghiera silenziosa di una persona che aveva vissuto deliberatamente e coscientemente in ribellione verso Dio per quasi dieci anni!

Aveva aspettato che fosse giunto il mio momento, il momento di tornare a casa, alla Sua casa: “Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me.” (Ap. 3,20); la sua grande misericordia era andata oltre la mia ribellione, aveva cancellato i miei peccati: ora mi sentivo perdonata, mi sentivo accettata, nonostante quella che ero! Ora comprendevo con il cuore il versetto biblico: “… ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata”. (Romani 5,20).

Gesù è pieno di compassione e di misericordia per i peccatori, non c’è nessun peccato così grande che Gesù non possa cancellare e non c’è nessun peccatore che sia indegno di essere perdonato!

 

Da allora, ho accettato Gesù vivente nel mio cuore, da allora è stato ed è pane per

la mia fame, acqua per la mia sete, balsamo per le mie ferite, sostegno nella fatica, fortezza nella paura e anche se, a volte, il cammino si fa arduo, mi sono di conforto le parole di Pietro: Signore, da chi andremo noi? Tu solo hai parole di vita! (Gv 6,68).

 

A distanza di anni, ancora il mio cuore si commuove quando ripenso al giorno della mia rinascita; il mio cuore esplode in canti di lode e di ringraziamento quando penso alla grande compassione di cui mi ha degnato il mio Signore, quando penso al privilegio che ho avuto nel poterlo incontrare e conoscere. Non cesserò mai di ringraziare il Signore per la grande opportunità che mi ha offerto: vivere una vita degna di essere vissuta qui su questa terra e, dopo, una vita che non finirà mai insieme a Lui!

 

Non cesserò mai di ringraziare le persone che, nonostante le mie resistenze, hanno continuato a parlarmi di Lui con parole vive che hanno deposto nel mio cuore il seme che sarebbe a suo tempo germogliato!

Prego affinché tutte le persone che continuano a cercarLo con cuore sincero, possano un giorno conoscere veramente la profondità dell’amore di Gesù.