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G U A R I G I O N E    I N T E R I O R E

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GUARIGIONE INTERIORE:  PSICOLOGIA O VOLONTA’ DI DIO ?

   L’espressione “guarigione interiore” non compare nella Bibbia. In effetti le guarigioni di cui testimoniano i Vangeli sono praticamente solo di natura fisica. Quando Gesù, poco prima di ascendere al Cielo, disse ai suoi discepoli: “Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni…imporranno le mani agli ammalati ed essi guariranno” (Marco 16:17-18), il pensiero viene indirizzato verso le guarigioni fisiche, anche perché gli Atti degli Apostoli, negli episodi di guarigione citati, confermano questa impressione. Anche quando leggiamo sui doni dello Spirito: “Ora vi è diversità di carismi, ma vi è un medesimo Spirito…Ora a ciascuno a data la manifestazione dello Spirito per il bene comune. Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza…a un altro, carismi di guarigione” (1 Corinzi 12:4-11), pensiamo esclusivamente ad interventi sulle nostre malattie di carattere fisico, anche se in questo passaggio non si specifica di che guarigioni si tratti.

   Ma noi non siamo solamente corpo e la Bibbia ci conferma che, oltre allo spirito, abbiamo una componente chiamata “anima”. In 1 Tessalonicesi 5:23, infatti, l’apostolo Paolo afferma: “Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”. Le malattie del corpo le conosciamo tutti molto bene per averle sperimentate a volte in prima persona, ma, forse, ci sono meno chiare quelle che potrebbero essere le malattie dell’anima. Quando il nostro corpo si ammala, manifesta di norma dei sintomi come febbre, dolore, spossatezza, vomito, tosse, ecc., che ci portano a consultare il medico e, grazie anche ad esami clinici a cui ci sottoponiamo, a conoscere esattamente da che problema siamo affetti e a intraprendere le cure del caso. Anche l’anima, quando è ferita, manifesta dei sintomi come scontentezza, tristezza, frustrazione, delusione, amarezza, depressione, senso di vuoto, senso di inutilità, ansia, timore, rabbia, rancore, ecc., ma il più delle volte non consideriamo queste realtà come una malattia interiore, dell’anima appunto, e non ci rivolgiamo ad esperti per conoscerne la causa. Normalmente ci limitiamo ad accusare persone e circostanze come uniche responsabili della nostra condizione e questa atteggiamento non fa altro che peggiorare la nostra situazione, perché ci consideriamo, a torto, bersaglio di ingiustizie.

   L’anima dell’uomo ha incominciato ad ammalarsi nell’Eden, come conseguenza diretta del peccato. Adamo ed Eva, dopo essere caduti nella fine trappola tesa loro da Satana, iniziarono a “gustare” il concetto di morte, o perdita della salute spirituale, annunciato loro da Dio in caso di violazione del suo ordine: “Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai” (Genesi 2:16-17). Nei loro cuori, infatti, si insinuarono adesso queste sensazioni:

   - Senso di colpa. Si coprono con foglie di fico e tentano di giustificarsi davanti a Dio;

   - Paura. Entra in loro la convinzione di meritare un castigo;

   - Insicurezza. Non sentono più la protezione del loro Creatore, ma adesso ne temono la presenza,

     perché non sanno più come avrebbe agito nei loro confronti;      

   - Senso di inferiorità. Si sentono scaduti dal piano originale di Dio per le loro vite;

   - Senso di nullità. Sentono di aver fallito e, di conseguenza, di non avere più valore agli occhi

     del loro Padre celeste;

   - Disprezzo per se stessi per aver fallito;

   - Senso di rifiuto, o di rigetto per essere stati scacciati dall’Eden, cioè dalla presenza di Dio;

   - Senso di indegnità per non meritare più la presenza, l’amicizia, l’amore del loro Creatore.

   Così quando noi nasciamo, per catena ereditaria, o come dice la Bibbia: “Quello che è nato dalla carne, è carne”, entriamo nella vita terrena con impresse nel nostro animo le conseguenze devastanti del peccato originale. La serenità, l’innocenza e la sicurezza, che caratterizzavano la vita dei nostri progenitori nel paradiso terrestre e che venivano garantite dalla presenza di Dio nei loro cuori, sono state annientate con quell’atto di aperta disubbidienza alle norme fissate dal loro Creatore e al loro posto si sono insediate quelle tendenze emotive sopra esposte, dette anche “ferite emozionali” e tipiche di una personalità malata. Queste ferite devono essere curate per non creare infezione, cioè per non creare condizionamenti negativi, o malsani, nella vita di una persona, che sono fonte sempre di sofferenza.

   La Bibbia conferma che il nostro cuore è infermo: “Tutto il capo è malato, tutto il cuore è languente. Dalla pianta del piede fino alla testa non c’è nulla di sano in esso: non ci sono che ferite, contusioni, piaghe aperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né lenite con olio…Se siete disposti ad ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese…O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate!...Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia? Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, gusterete cibi succulenti!” (Isaia 1:5-6,19 ; 55:1-2); “Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raccoglie i dispersi d’Israele; egli guarisce chi ha il cuore spezzato e fascia le loro piaghe” (Salmo 147:2-3); Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare…Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata” (Ezechiele 34:15-16). Le Scritture, però, non si limitano a evidenziare la nostra realtà malata, ma ci presentano la soluzione, cioè la cura e la guarigione, ci presentano la figura di Gesù Cristo, il cuore sano per eccellenza: “Lo Spirito del Signore, di Dio, è su di me, perché il Signore mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia del Signore” (Isaia 61:1-2).

   Le conseguenze sull’animo umano del peccato di Adamo ed Eva hanno prodotto questi bisogni:

   - Senso di accettazione, cioè sentirsi amati e voluti per ciò che si è;

   - Senso di valor proprio, ossia sentirsi importanti per chi ci ha concepito;

   - Senso di sicurezza, vale a dire non temere reazioni di rifiuto da parte di chi esercita

     autorità su di noi (i genitori innanzi tutto).

   Così come sentiamo dolore quando qualcuno, normalmente senza volerlo, ci tocca su di una ferita non ancora rimarginata, allo stesso modo soffriamo quando non ci sentiamo amati, considerati, voluti, importanti, ossia quando percepiamo di essere rifiutati come persona, perché questi atteggiamenti da parte dei nostri simili ci riaprono la grande ferita, mai rimarginatasi, che si è prodotta il giorno della cacciata dal paradiso terrestre.

   Certo, chi crede in Cristo e fa propria la sua Parola può trovare soddisfazione a tutti quei  bisogni che caratterizzano la sua natura umana e ritrovare l’equilibrio emotivo perso nell’Eden. Infatti in Cristo siamo giustificati (Romani 5:1-2 ; Atti 13:38-39), non dobbiamo temere alcun castigo (Isaia 53:5 ; 1 Giovanni 4:16-18), siamo al sicuro (Giovanni 10:11,27-28 ; Ebrei 4:16), siamo importanti (Efesini 3:8-10), siamo innalzati (Giovanni 1:12-13 ; Galati 4:4-7 ; Ebrei 12:7-8), siamo valorizzati (Giovanni 10:11-15 ; 1 Giovanni 3:1,16), siamo accettati (2 Corinzi 5:17-19 ; Luca 15:11-24), siamo graditi (Romani 14:17-18 ; Ebrei 13:20-21 ; 1 Pietro 2:5).

   Ma per alcuni la guarigione non è così immediata, perché le ferite sono profonde e hanno inciso sensibilmente sulla loro vita. La Parola non penetra così facilmente e non porta quel sollievo derivante dalla certezza di sentirsi nuovamente accettati e amati incondizionatamente dal Padre celeste. E chi non si sente amato, chi non si sente sicuro, chi non percepisce il concetto di valor proprio, chi non si sente accettato così com’è, cercherà continuamente intorno a sé, cioè nei fratelli e nel pastore, la compensazione a questi suoi bisogni. In poche parole sarà concentrato sulla sua persona, non vedrà la realtà altrui e non potrà di conseguenza osservare i comandamenti del Signore tesi ad amare Dio e il prossimo. Questa persona, vivendo in una condizione egocentrica, rimarrà nella fase dell’infanzia spirituale, non crescerà ad immagine di Gesù, non gusterà la libertà derivante dalla raggiunta maturità dell’uomo nuovo e sarà un problema costante per la comunità di appartenenza.

   Queste persone difficili, oltremodo sensibili e feribili, permalose, con un forte senso di persecuzione, bisognose di continue attenzioni, notevolmente insicure e alla ricerca costante di consigli su come agire nelle varie circostanze della vita, possono essere state oggetto di rifiuto sin nel seno materno per una gravidanza indesiderata, o successivamente per non essere del sesso sperato; possono essere cresciute senza la presenza fisica di uno o entrambi i genitori, perché deceduti, o separati, o impegnati in attività lavorative stressanti; possono aver vissuto in tenera età degenze ospedaliere traumatiche in seguito al distacco forzatamente radicale dalla presenza rassicurante della madre; possono essere state oggetto nell’infanzia in maniera continuativa di commenti denigratori e umilianti come: sei uno stupido, non riuscirai mai a ottenere nulla nella vita, tuo fratello sì che è bravo e intelligente, ecc. ; possono aver ricevuto un’educazione molto rigida e non aver mai ascoltato una parola di approvazione dai genitori;   possono aver subito delle violenze, sia fisiche che sessuali; possono essere state concepite con difetti fisici o colpite in seguito da handicap di varia natura.

   Così come per le malattie fisiche serve un medico specialista, una diagnosi precisa e un intervento con farmaci idonei o con il bisturi, anche nel campo spirituale il cammino può essere simile. Tra i ministeri elencati in Efesini 4:11 compare la figura del pastore, colui che deve prendersi cura delle anime e dar loro gli strumenti per ricuperare la salute spirituale, ossia l’equilibrio emotivo, persi a causa del peccato. Tra i rimproveri che Dio rivolge ai pastori d’Israele leggiamo: “Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta…” (Geremia 34:4). In Geremia 3:15 dice ancora: “Vi darò dei pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e intelligenza”. I pastori hanno, quindi, il compito di prendersi cura, come fossero un medico, delle pecore loro affidate, devono avere le qualità per diagnosticare con precisione le malattie da cui sono affette e intervenire con le terapie del caso (dialogo, preghiera, liberazione).