CHE FINE HA FATTO LA CROCE DI CRISTO
Oltre a questa meditazione il pastore Lamberto Fontana ha scritto quattro libri:
Diceva“ poi a tutti: Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda
ogni giorno la sua croce e mi segua”
(Luca 9:23);
“Chi non prende la sua croce e non
viene dietro a me, non è degno di me” (Matteo
10:38); “E chi non porta la sua croce
e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Luca 14:27).
Ma cosa avrà voluto dire Gesù con “prendere
la croce”? Non è già salito Lui sul legno per morire al nostro posto, così
come conferma la Scrittura: “Siamo giunti
a questa conclusione: che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono;
e ch'egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se
stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro…Se dunque uno è in
Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono
diventate nuove”? (2 Corinzi 5:14-15,17).
Non ha anche detto: “Quando sarò
andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me,
affinché dove sono io, siate anche voi”?
(Giovanni 14:3).
E
poco prima di morire non ha forse esclamato questa parola:
“Quando Gesù ebbe preso l'aceto, disse:
È compiuto! E, chinato il capo, rese lo spirito” ? (Giovanni 19:30).
Ma se tutto è compiuto e se: “Rimane un
riposo sabatico per il popolo di Dio; infatti chi entra nel riposo di Dio si
riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue”
(Ebrei 4:9-10), non devo io
concentrarmi solamente sulle benedizioni che Dio mi ha promesso e mi vuole
concedere in Cristo e credere che queste sono già un fatto acquisito?
E poi, cosa sono queste benedizioni di cui parla la Bibbia?
“Pietro gli disse: Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito.
Gesù rispose: In verità vi dico che non vi è nessuno che abbia lasciato casa, o
fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi, per amor mio e per amor
del vangelo, il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tanto:
case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi, insieme a persecuzioni e, nel
secolo a venire, la vita eterna” (Marco 10:28-30);
“Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce,
affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e
mediante le sue lividure siete stati
guariti” (1 Pietro 2:24);
“Carissimo, io prego che in ogni cosa tu
prosperi e goda buona salute, come prospera l'anima tua” (3 Giovanni 2);
“Chi ha trovato moglie ha trovato
un bene e ha ottenuto un favore dal Signore” (Proverbi 18:22);
“Ecco, i figli sono un dono che
viene dal Signore; il frutto del grembo materno è un premio”
(Salmo 127:3);
“Il Signore benedì gli ultimi anni di
Giobbe più dei primi; ed egli ebbe quattordicimila
pecore, seimila cammelli, mille paia di
buoi e mille asine. Ebbe pure sette figli e tre figlie… In tutto il paese non
c'erano donne così belle come le figlie di Giobbe; e il padre assegnò loro
un'eredità tra i loro fratelli. Giobbe, dopo questo, visse centoquarant'anni e
vide i suoi figli e i figli dei suoi figli, fino alla quarta generazione. Poi
Giobbe morì vecchio e sazio di giorni” (Giobbe 42:12-17);
“Abramo era molto ricco di
bestiame, d'argento e d'oro” (Genesi 13:2).
Avere beni materiali, una famiglia unita che si ama e vive in armonia, allietata
da figli e figlie, salute fisica, una buona posizione sociale, successo, sia nel
campo ministeriale che in quello sociale, e il rispetto della gente, tutto ciò è
certamente un favore dell’Eterno, ma rappresenta anche l’aspirazione naturale di
ogni essere umano, credente o ateo senza distinzione, che utilizza di norma
tutte le sue energie per il raggiungimento di questi obiettivi.
Se questa spinta, quindi, rientra nell’istinto dell’uomo volto alla
ricerca della felicità personale, cioè del benessere materiale e terreno, non ha
senso parlare di croce come luogo di morte e rinuncia. Le parole di Gesù,
allora, devono riferirsi a qualche altro aspetto riferito comunque all’esistenza
umana.
Gesù ha vissuto povero, non aveva neanche una casa dove abitare:
“Uno scriba, avvicinatosi, gli disse:
Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai. Gesù gli disse: Le
volpi hanno delle tane e gli uccelli del
cielo hanno dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo”
(Matteo 8:19-20). Non godeva neanche di
una posizione sociale rilevante o del rispetto e dell’ammirazione della gente
che contava: “Abbiate in voi lo stesso
sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di
Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente,
ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini;
trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino
alla morte, e alla morte di croce” (Filippesi 2:5-8);
“Egli è cresciuto davanti a lui
come una pianticella, come una radice che esce da un arido suolo; non aveva
forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci.
Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la
sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era
spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna” (Isaia 53:2-3).
Ciononostante Gesù si sentiva appagato:
“Vi lascio pace; vi do la mia pace.
Io non vi do come il mondo dà” (Giovanni 14:27);
“Vi ho detto queste cose, affinché la
mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa” (Giovanni
15:11);
“Come il Padre mi ha amato, così anch'io
ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti,
dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e
dimoro nel suo amore” (Giovanni 15:9-10).
Gesù vuole trasmetterci il messaggio che la felicità viene dalla dimensione
dello Spirito e non della carne e che, quindi, si può vivere bene anche senza
aver raggiunto quei traguardi terreni a cui tutti tendono. Ci consiglia, anzi,
di non affannarci dietro i valori umani sopra elencati, ma di cercare con tutte
le nostre forze in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, perché solo
così scopriremo la vera prosperità come realtà interiore e non come conquista
materiale:
“Non fatevi tesori sulla terra, dove la
tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi
tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non
scassinano né rubano. Perché dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore”
(Matteo 6:19-21);
“Perciò vi dico: non siate in
ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il
vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo
più del vestito? …Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi
è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca
fede? Non siate dunque in ansia, dicendo: Che mangeremo? Che berremo? Di che ci
vestiremo? Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre
vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno
e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più” (Matteo
6:25-33);
“La pietà, con animo contento del proprio
stato, è un grande guadagno. Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e
neppure possiamo portarne via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che
coprirci, saremo di questo contenti” (1 Timoteo 6:6-8);
“Gesù, guardatolo, l'amò e gli
disse: Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e avrai
un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” (Marco 10:21).
Il tesoro, perciò, è in cielo e non sulla terra. E se il regno e la giustizia di
Dio sono da ricercare come massima aspirazione al di sopra dei beni terreni, è
questo allora il tesoro a cui fa riferimento Gesù?
“Il
regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo
averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che
ha, e compra quel campo. Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va
in cerca di belle perle; e, trovata una perla di gran valore, se n'è andato, ha
venduto tutto quello che aveva, e l'ha comperata” (Matteo 13:44-46).
Se pur di entrare in contatto col regno dei cieli, dobbiamo essere
disposti a vendere tutto, significa che questa è la benedizione per eccellenza e
che non è comparabile con tutto quello che possiamo raggiungere qui sulla terra.
Anche perché la terra passerà, ma il regno dei cieli è eterno.
Ma come definire il regno dei cieli? “Uno
degli scribi…gli domandò: Qual è il più importante di tutti i comandamenti? Gesù
rispose: Il primo è: Ascolta, Israele:
Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore.
Ama dunque il Signore Dio tuo
con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con
tutta la forza tua. Il secondo è questo:
Ama il tuo prossimo come te stesso.
Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi. Lo scriba gli disse:
Bene, Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che
all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con
tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è
molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Gesù, vedendo che aveva risposto
con intelligenza, gli disse: Tu non sei lontano dal regno di Dio”
(Marco 12:28-34);
“Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla
(cioè nessun tipo di carne) è impuro in
se stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura. Ora, se a
motivo di un cibo (la carne proveniente dai sacrifici agli idoli)
tuo fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore. Non perdere,
con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! Ciò che è bene per voi non
sia dunque oggetto di biasimo; il regno di Dio non consiste in vivanda né in
bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani
14:14-17).
Perciò, quando noi ci lasciamo guidare dall’amore stiamo facendo la
volontà del Padre nostro e così, sottomettendoci al suo volere, cediamo a Lui il
governo della nostra mente e del nostro cuore. Siamo entrati nel regno dei
cieli! Abbiamo accettato la sovranità di Dio nella nostra vita!
E la persona che per prima e in modo completo ha manifestato il regno di Dio qui
sulla terra, nel senso di essere l’incarnazione della sua volontà basata
sull’amore per il Padre e per il prossimo, è Gesù.
Il tesoro che il cielo, quindi, ci vuole offrire e ci invita a cercare è
la persona di Gesù:
“Il Dio che disse: Splenda la luce fra le
tenebre, è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della
conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo. Ma noi
abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia
attribuita a Dio e non a noi” (2 Corinzi 4:6-7).
Noi, di certo, siamo il vaso di terra,
debole e fragile, mentre il tesoro è lo Spirito di Gesù che Dio ci ha inviato il
giorno della nuova nascita: “E, perché
siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che
grida: Abbà, Padre” (Galata
4:6);
“L'amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo
che ci è stato dato” (Romani 5:5).
Se il tesoro è Gesù e gli elementi di cui si compone sono rappresentati dal
frutto del suo Spirito, e cioè “Amore,
gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo
(Galati 5:22)…misericordia
(Matteo 9:10-13)… compassione (Matteo
9:36)…perdono (Luca
23:34)…tolleranza (Matteo
13:24-30/Luca 9:51-55)…umiltà (Matteo
11:29)…ubbidienza (Ebrei 5:8)…sottomissione
(Matteo 26:39), allora sì che ci serve la croce di Cristo per inchiodarci
sopra il nostro “vecchio uomo che si
corrompe seguendo le passioni ingannatrici”
in quanto “ciò che brama la carne
è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può
esserlo”
(Romani 8:7) e perché
“la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari
alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello
che vorreste”
(Galati 5:17). Il nostro “vecchio
uomo”, definito anche come “la carne”, partecipa senza esitazione ad ogni
programma volto al raggiungimento di beni materiali, come la salute, una buona
finanza, una bella famigliola, una rispettabile posizione sociale o il successo,
ma è sordo per natura ai valori spirituali, come l’amore, la misericordia, la
compassione, l’umiltà e tutte le altre attitudini elencate appena sopra.
E se Dio ci ha “chiamati secondo il suo
disegno. Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere
conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito
tra molti fratelli” (Romani 8:28-29), questo ci conferma che tutto il suo
lavoro tende a renderci simili a Gesù nella suo contenuto spirituale, essendo
questo il vero pane disceso dal cielo, l’unico e vero pane capace di saziare la
fame di cui soffre il cuore umano:
“Figlio
mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d'animo quando
sei da lui ripreso; perché…egli lo fa per il nostro bene, affinché siamo
partecipi della sua santità. È vero che qualunque correzione sul
momento non sembra recare gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un
frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo
di essa” (Ebrei 12:5, 10-11).
Gesù ha fatto ogni cosa ispirato dall’amore:
“Or prima della festa di Pasqua, Gesù,
sapendo che era venuta per lui l'ora di passare da questo mondo al Padre, avendo
amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Giovanni 13:1). Il
suo testamento spirituale parla
d’amore:
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato
voi”
(Giovanni 15:12).
La sua venuta nei nostri cuori ha lo scopo di riempirci d’amore e di creare le
condizioni affinché l’amore caratterizzi tutte le nostre azioni:
“Per questo motivo piego le ginocchia
davanti al Padre…affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di
essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore, e
faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché,
radicati e fondati nell'amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i
santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore
di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché
siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Efesini
3:14-19).
Dato che San Paolo ci esorta con queste parole:
“Non abbiate altro debito con nessuno, se
non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la
legge” (Romani 13:8), lo scopo
principale della chiesa dovrebbe essere quello di insegnare ad amare e di
mostrare “la via per eccellenza”,
perché: “Se parlassi le lingue degli
uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno
squillante cembalo. Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e
tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non
avessi amore, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i
poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi
gioverebbe a niente. L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia;
l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non
cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode
dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa,
spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L'amore non verrà mai meno. Le profezie
verranno abolite; le lingue cesseranno; e la conoscenza verrà abolita; poiché
noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo; ma quando la perfezione sarà
venuta, quello che è solo in parte, sarà abolito…Ora dunque queste tre cose
durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l'amore” (1
Corinzi 13:1-13).
Per insegnarci ad amare la chiesa dovrà anche offrirci la capacità di discernere
tra ciò che proviene dalla carne e quello che scaturisce dallo Spirito, per
rifiutare l’uno e abbracciare l’altro:
“Camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne.
Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri
contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare
quello che vorreste. Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la
legge. Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità,
dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire,
contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose;
circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non
erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace,
pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; contro
queste cose non c'è legge. Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne
con le sue passioni e i suoi desideri. Se viviamo dello Spirito, camminiamo
anche guidati dallo Spirito” (Galati
5:16-25).
Se l’amore, quindi, diventa il centro della predicazione, pur non trascurando il
resto, anche il messaggio relativo alla croce di Cristo dovrà riprendere la sua
centralità nella vita della chiesa, perché l’amore
“agàpe” , cioè l’amore
disinteressato, fraterno e smisurato, non fa parte del DNA degli esseri umani,
ma è l’essenza della Parola. Questo amore ha contraddistinto la vita di Gesù
fino a portarlo all’estremo sacrificio e se vogliamo che ispiri e impregni anche
il nostro agire, dovremo arrivare al punto di poter dire, così come dichiarò
l’apostolo Paolo: “Sono stato crocifisso
con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora
nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato
se stesso per me” (Galati 2:20).