LA  SCHIAVITU’  PRODOTTA  DAL  PECCATO

Oltre a questa meditazione il pastore Lamberto Fontana ha scritto quattro libri:

E' più forte di me    Amami Accettami Considerami    Quando Dio ti lascia perplesso    Dio non vuole che i suoi figli soffrano

 

Schiavitù: Mancanza di ogni libertà. Soggezione, dipendenza forzata, ad altre

                 persone, a passioni, abitudini, ecc.

 

Schiavo:   Chi è totalmente privo della libertà individuale e generalmente di ogni

                 diritto, soggetto interamente alla proprietà privata di un padrone per

                 nascita, o per cattura in guerra, o per vendita, o per condanna.

                 Chi soffre soggezione, padronanza e cose simili che vincolano e

                 impediscono  in parte o completamente la sua libertà.

 

Gesù: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. Essi gli risposero: Noi siamo discendenza d’Abramo, e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: Voi diverrete liberi? Gesù rispose loro: In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato…Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:31-36).

 

C’è una schiavitù evidente, fisica, e una più raffinata, occulta. Gli Ebrei in Egitto rientrano nel primo tipo di schiavitù: privati della libertà decisionale, erano obbligati a lavorare duramente per il Faraone con ogni sorta di angheria, prepotenza, sopruso, punizioni degradanti e pesanti per scoraggiare ogni forma di ribellione. Avevano perso la dignità di persone e il rispetto per la loro individualità, dovevano solo servire ad uno scopo egoistico del Faraone, essere strumenti da sfruttare finché erano utilizzabili e da buttare quando non lo erano più, dovevano servire per portare a compimento i progetti e le ambizioni del re d’Egitto. In tempi più recenti la tratta dei Negri, uomini e donne di colore usati come forza lavoro gratuita, senza la possibilità di decidere del proprio destino, ma governati dalle decisioni dei loro padroni. In epoca moderna i Lager nazisti rappresentano il momento più tremendo di schiavitù e di annullamento della personalità e della dignità umana.

E come ogni schiavo, anche gli Ebrei “gemevano a causa della schiavitù e alzavano delle grida” (Esodo 2:23). Aspiravano alla loro libertà, a rientrare nella loro patria, per tornare ad essere nazione, per riavere un’identità, un’autodeterminazione.

 

Ma c’è un altro tipo di schiavitù, occulta, non sempre rilevabile e di cui si possa essere coscienti. Paolo ce la evidenzia: “Se qualcuno pensa di avere motivo di confidarsi nella carne, io posso farlo molto di più; io, circonciso l’ottavo giorno, della razza d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d’Ebrei; quanto alla legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile” (Filippesi 3:4-6); “Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato…infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio quello che non voglio, ammetto che la legge è buona; allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me…Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me…Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra” (Romani 7:14-23).

E anche Paolo, come ogni schiavo, brama la sua libertà, la desidera con tutte le sue forze, la considera un bene irrinunciabile e grida: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Romani 7:24).

 

Questa schiavitù è occulta, o difficilmente percepibile, in quanto l’ordine ad agire in un certo modo viene dall’interno del nostro cuore e non da una imposizione esterna. Se lo schiavo è obbligato a servire un padrone fisico, qui la sottomissione è nei confronti di un padrone interno, confuso spesso con la propria identità e con la propria capacità decisionale. Quando il bambino, che fondamentalmente vuole essere gradito ai genitori per sentirsi sicuro, disubbidisce quasi sistematicamente alle direttive del padre e della madre, o quando noi diciamo di aver fatto una cosa perché “è stato più forte di noi”, dobbiamo prendere atto che c’è una forma di dominio sulla nostra mente che condiziona le nostre scelte. Questa realtà dominante nella Bibbia viene chiamata “peccato”, “uomo vecchio, “carne”, trasmessa per eredità a tutti gli uomini: “Per mezzo di un sol uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato vi è entrata la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato…Per la disubbidienza di un sol uomo i molti sono stati costituiti peccatori” (Romani 5:12,19) ; “Quel che è nato dalla carne, è carne” (Giovanni 3:6) ; “il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui (Gesù Cristo), affinché il corpo del peccato fosse annullato, onde noi non serviamo più al peccato” (Romani 6:6).

 

Adamo, rifiutando, anche se inconsciamente, di farsi guidare da Dio nella scelta di ciò che era buono per la sua vita, decise, mangiando su suggerimento del Maligno il frutto proibito dal Signore, di stabilire un proprio concetto di giustizia e di giudizio, e di vivere per soddisfarlo. Questo principio è diventato dominante nella sua vita e in quella dei suoi discendenti, portandolo a scelte dettate da convinzioni individuali, dall’emotività del momento, dalla ricerca della soddisfazione della spinta istintiva, dal bisogno di emergere, di godere e di essere onorato, ma prive  della conoscenza della verità da cui si era separato disubbidendo al suo Creatore. Questo individualismo esasperato, cioè la ricerca continua alla soddisfazione e alla convenienza personale, lo ha spinto a non considerare la comunità, cioè gli altri o il prossimo, e la sua subordinazione al buon andamento della società, o più in piccolo della famiglia, da cui dipende per poter raggiungere il suo benessere.

 

Noi siamo parte di un insieme  interdipendente e quando ce ne dimentichiamo causiamo danni globali che si ripercuotono poi su noi stessi (Chi inquina, per esempio, lo fa nella prospettiva di un guadagno materiale, ma mette in pericolo la sua stessa salute). Infatti, dice la Bibbia: “Il corpo è uno ed ha molte membra (il nostro prossimo), e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un unico corpo…e l’occhio non può dire alla mano: Io non ho bisogno di te; né il capo può dire ai piedi: Non ho bisogno di voi. Al contrario, le membra del corpo che paiono essere più deboli, sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che noi stimiamo essere le meno onorevoli, noi le circondiamo di maggior onore; e le parti nostre meno decorose sono fatte segno di maggior decoro, mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha costruito il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, affinché non ci fosse divisione nel corpo (nella società), ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. E se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; e se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui” (1 Corinzi 12:12,21-26) ; “I mariti debbono amare le loro mogli, come i loro propri corpi. Chi ama sua moglie (o il prossimo) ama se stesso. Poiché nessuno ebbe mai in odio la sua carne; anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la Chiesa, poiché noi siamo membra del suo corpo” (Efesini 5:28-30).

Ma nel tentativo di soddisfare ciò che riteniamo positivo ed utile per la nostra vita, ci scontriamo spesso con le esigenze altrui che diventano ostacolo al raggiungimento dei nostri obiettivi e così nascono le divergenze, le contese, i rifiuti, i soprusi, le offese, gli abbandoni, l’indifferenza, i tradimenti, le gelosie, gli omicidi, ecc.

Le forme più frequenti di schiavitù volte a soddisfare la propria autoaffermazione sono: Avere sempre ragione, Cercare di imporre la propria volontà, Raggiungere il proprio benessere, Fare una cosa solo se c’è la convenienza, Considerare solo il punto di vista, i bisogni e le sofferenze personali, Esaltare le proprie capacità e i traguardi raggiunti, ma criticare gli altri e svalorizzare, o denigrare, quanto da loro fatto e ottenuto.

 

Ma la schiavitù che più ci interessa è quella sottile, non condannabile dallo Spirito Santo, perché non peccaminosa in sé, anzi a volte addirittura virtuosa, ma che ci impedisce la crescita, la piena soddisfazione di essere figli di Dio, che ci condiziona nelle scelte, nei comportamenti, nelle relazioni con gli altri. Anche queste sono porte aperte al maligno, situazioni apparentemente innocenti da non destare preoccupazioni relativamente al nostro rapporto con Dio, ma dove c’è il demonio esiste sempre il pericolo di cadere in un inganno tale da allontanarsi dalla Chiesa del Signore e dalla sua Parola. Diceva Paolo: “Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla” (1 Corinzi 6:12). Per arrivare alla presa di coscienza di queste realtà serve un lavoro in profondità dello Spirito, lavoro che deve essere conosciuto, capito e presentato dal ministro di Dio all’assemblea e accettato dalle persone a cui è rivolto. “Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. E non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a Lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di Colui al quale dobbiamo render conto” (Ebrei 4:12-13).

 

E se noi aneliamo a questa libertà, Dio promette di rispondere: “Dio udì i loro gemiti. Dio si ricordò del suo patto con Abramo, con Isacco e con Giacobbe. Dio vide i figli d’Israele e ne ebbe compassione” (Esodo 2:24-25). Paolo ce lo conferma: “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Romani 8:1-2). Gesù lo afferma: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:31).

 

Ogni essere umano ha la necessità di sentirsi accettato, considerato, valorizzato dal suo prossimo e così intraprende una serie di azioni per raggiungere questo scopo. Non accetta il rifiuto perché gli aprirebbe una profonda ferita, facendolo sentire inutile, incapace, di scarso valore, messo da parte, e perché ciò non avvenga è disposto a fare qualsiasi cosa. Il bisogno di essere approvato dagli altri lo schiavizza e condiziona fortemente i suoi comportamenti quotidiani. Le attitudini riscontrabili negli esseri umani per raggiungere questo fine spaziano dal servilismo più evidente all’isolamento anche fisico. In entrambe le situazioni siamo di fronte all’annullamento della propria personalità, nel primo caso per mendicare una parola o un gesto di approvazione, che ci faccia sentire graditi, e nell’altro per evitare quei confronti che possono evidenziare la nostra inettitudine e farci sentire di scarso valore. C’è chi insegue il successo o la ricchezza materiale per sentirsi considerato e rispettato, dedicandovi tutte le sue migliori energie e non avendo altro pensiero su cui concentrarsi.

Le paure che derivano dall’insicurezza di poter raggiungere l’approvazione e l’accettazione da parte del prossimo sono un’altra forma di grave schiavitù condizionata, senza responsabilità diretta della persona interessata. Le paure di non piacere fisicamente, di sbagliare, di non soddisfare le aspettative di chi ha una posizione di autorità, di assumersi una qualsiasi responsabilità pensando di non essere all’altezza del compito, di dire la propria opinione in pubblico temendo di esprimere giudizi di poco conto e di scarso acume andando incontro all’irrisione o ad un affossamento corale delle tesi esposte, di non essere vestito e di non gesticolare come la tendenza del momento impone, possono dominarci l’esistenza fino al punto di condizionare fortemente la nostra identità, facendoci muovere sulla base di uno schema mentale e non di un atto di volontà libera.

Lo stesso dicasi per il senso di colpa, il senso di inferiorità, il senso di scarso valor proprio.

 

Ogni buona guida spirituale deve condurre le pecore che gli sono state affidate dal Signore alla scoperta di queste realtà schiavizzanti, per sperimentare la libertà promessa e glorificare il suo Nome, come ci attestano le Scritture:

“Lo Spirito del Signore è sopra me…mi ha mandato a bandir liberazione ai prigionieri…a rimettere in libertà gli oppressi” (Luca 4:18);

“La creazione stessa sarà anch’ella liberata dalla servitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figlioli di Dio” (Romani 8:21);

“Ora, il Signore è lo Spirito; e dov’è lo Spirito del Signore, quivi è libertà” (2 Corinzi 3:17);

“Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità (cioè la vostra condizione interiore, il vostro cuore con le sue motivazioni), e la verità vi farà liberi…In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato (rubare è un peccato evidente, ma temere il giudizio del prossimo è un peccato non facilmente percepibile, ma per entrambi la conseguenza è la schiavitù) è schiavo del peccato…Se dunque il Figliolo vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:31-36).