LO SGUARDO DI GESU’

Oltre a questa meditazione il pastore Lamberto Fontana ha scritto quattro libri:

E' più forte di me    Amami Accettami Considerami    Quando Dio ti lascia perplesso    Dio non vuole che i suoi figli soffrano    

 

 Poco prima della sua passione Gesù si rivolse ai suoi 11 apostoli (Giuda era già uscito) in questi termini: “Questa notte voi tutti avrete in me un’occasione di caduta; perché è scritto: Io percoterò il pastore e le pecore del gregge saranno disperse. Ma dopo che sarò risuscitato, vi precederò in Galilea. Pietro, rispondendo, gli disse: Quand’anche tu fossi per tutti un’occasione di caduta, non lo sarai mai per me. Gesù gli disse: In verità ti dico che questa stessa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte. E Pietro a lui: Quand’anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò. E lo stesso dissero pure tutti i discepoli” (Matteo 26:31-35).

 

Pietro amava sinceramente Gesù ed era sicuro e convinto dei suoi sentimenti. Deve esserci rimasto molto male, perciò, quando sentì mettere in dubbio con quelle parole la fedeltà e la sostanza dell’amore che legava sia lui che gli altri discepoli prediletti al loro Maestro. La sensazione di non essere apprezzato a sufficienza da Gesù, di non corrispondere alle sue aspettative e di sentirsi da Lui come rifiutato, lo spingono in maniera impulsiva a riaffermare con forza, quasi volesse convincerlo del contrario e portarlo a ricredersi su quanto detto, la sua totale dedizione alla sua persona e ai suoi insegnamenti. Vuole sentirsi approvato e per raggiungere questo fine non esita a dire cose di sicuro effetto: “Sono pronto anche a morire per te!” Non esita neanche ad entrare in competizione con gli altri, sminuendoli, pur di mettere in rilievo le sue qualità e percepire su di sé l’attenzione, la considerazione e l’ammirazione del Signore.

 

Ma Gesù sa, conosce il loro cuore, perché il Padre glielo ha rivelato, e non dice queste parole per rimproverare o condannare chi gli era stato vicino durante tutto il suo ministero terreno, ma per metterli in guardia, affinché non siano sorpresi nel momento della caduta e non si lascino schiacciare dal senso di colpa e di indegnità nel vedere la loro realtà interiore. Dice infatti: “Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli” (Luca 22:31-32).

 

E puntualmente quanto previsto successe: “In quell’istante, mentre Gesù parlava ancora, arrivò Giuda, uno dei dodici, e insieme a lui una folla con spade e bastoni, inviata da parte dei capi dei sacerdoti, degli scribi e degli anziani…Allora quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono…Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono. Un giovane lo seguiva, coperto soltanto con un lenzuolo; e lo afferrarono; ma egli, lasciando andare il lenzuolo, se ne fuggì nudo…Condussero Gesù davanti al sommo sacerdote…Pietro, che lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote, stava lì seduto con le guardie e si scaldava al fuoco” (Marco 14:43,46,50-54). Ma Pietro, che era in apprensione per la sorte di chi amava e voleva seguire tutta la vicenda in prima persona, però nell’anonimato per timore di essere arrestato a sua volta, viene riconosciuto. La sua reazione è immediata, impulsiva, condizionata dalla paura e per tre volte reagisce così: “Una serva gli si avvicinò, dicendo: Anche tu eri con Gesù il Galileo. Ma egli lo negò davanti a tutti, dicendo: Non so che cosa dici…Un’altra lo vide e disse a coloro che erano là: Anche costui era con Gesù Nazareno. Ed egli negò di nuovo giurando: Non conosco quell’uomo. Di lì a poco, coloro che erano presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: Certo anche tu sei di quelli, perché anche il tuo parlare ti fa riconoscere. Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: Non conosco quell’uomo!” (Matteo 26:68-74). A questo punto, “mentre parlava ancora,il gallo cantò. E il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte. E, andato fuori, pianse amaramente” (Luca 22:60-62).

 

Pietro incrocia lo sguardo di Gesù. E’ lo stesso sguardo che viene descritto nell’incontro con il giovane ricco desideroso di conquistarsi la vita eterna: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù. Gesù, guardatolo, l’amò e gli disse: Una cosa ti manca! Va’, vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi. Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni” (Marco 10:20-22). Gli occhi di Gesù trasmettono amore, cioè comprensione per la condizione umana decaduta, misericordia per le decisioni prese in un’ottica umana, disponibilità a mantenere comunque una relazione, interessamento alla persona che sta sbagliando, volontà di aiutarla a risalire la china dopo la sconfitta. Gesù, che ha dovuto affrontare una lotta terribile prima di affrontare questo momento, infatti: “Prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e cominciò a essere spaventato e angosciato. E disse loro: L’anima mia è oppressa da tristezza mortale…Ed essendo in agonia, egli pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue che cadevano in terra” (Marco 14:33-34 / Luca 22:44), conosce e capisce la debolezza dell’animo umano e vuole rassicurare chi ne è vittima che il suo amore rimane inalterato e che non ci sarà rifiuto da parte sua per il loro errore.

 

Pietro in quegli occhi scopre che

- Il suo non era vero amore, ma solo buona volontà e impulso emotivo. Capisce che non può fidarsi dei suoi sentimenti e delle sue convinzioni, perché “il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno” (Geremia 17:9) e “ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo” (Romani 8:7). Si rende conto che l’unico vero amore è quello di Gesù, perché è stato capace di “dar la sua vita per i suoi amici” e perché “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li ha amati sino alla fine” (Giovanni 15:13 ; 13:1). Diventa cosciente che il suo cuore è malvagio, scopre il potere del peccato che opera in lui e lo schiavizza, come dice l’apostolo Paolo in Romani 7:14-23, prova vergogna per la sua realtà interiore confrontata con quella del suo Maestro e piange. Chi lo libererà da questo corpo di morte? (Romani 7:24).

 

- E’ amato per quello che è, non per i suoi meriti. Pietro, che era pronto a colpire i trasgressori, come avvenne nel giardino del Getsemani: “Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la prese e colpì il servo del sommo sacerdote, recidendogli l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Ma Gesù disse a Pietro: Rimetti la spada nel fodero; non berrò forse il calice che il Padre mi ha dato?” (Giovanni 18:10-11), che era pronto ad allontanare i seccatori, vedi la donna Cananea di Matteo 15:21-23, che era pronto a riprendere lo stesso suo Maestro, vedi Matteo 16:21-22, è ora nella condizione di essere giudicato e condannato a sua volta ed è cosciente che, se quanto a lui successo fosse capitato ad un altro, non avrebbe esitato ad esprimere questa condanna. Ma nello sguardo di Gesù non vede rimprovero, non vede delusione per il suo atteggiamento o, peggio ancora, rifiuto. Pietro è sorpreso, perché vede in quegli occhi ancor più dolcezza e comprensione di quando gli era a fianco nel servizio, è quasi incredulo di fronte a quello sguardo che mostra ancora interessamento per la sua persona, è sbigottito perché percepisce che in Gesù il suo tradimento non ha lasciato traccia, capisce di essere amato dal suo Signore indipendentemente dal suo modo di agire.

 

- E’ oggetto di misericordia. Pietro, cresciuto sotto la Legge, sa che ad ogni peccato deve corrispondere una riparazione, vedi l’offerta e il sacrificio di animali al Tempio, per potersi sentire nuovamente in pace con Dio. Sa che il perseverare nel peccato crea una barriera di separazione con il Creatore ed una impossibilità, quindi, di relazione con Lui e di ottenimento di favori. Ed è proprio questa attitudine mentale che scopriamo nel pescatore della Galilea nel seguente passo delle Scritture relativo alla pesca miracolosa: “Presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano…Simon Pietro, veduto ciò, si gettò ai piedi di Gesù, dicendo: Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (Luca 5:4-11). Sa di non meritare premi di sorta, si sente a disagio, non sa come contraccambiare, non ha mai ricevuto regali dalla vita,lui, ma ha dovuto sempre sudarsi il pane quotidiano e duramente. Adesso si sente debitore e vuole scrollarsi di dosso questa sgradevole sensazione, perciò invita il Signore ad abbandonarlo al suo destino. Sentendosi rifiutato, farà pari e patta con il dono ricevuto e così potrà ritornare al suo lavoro senza pesi di sorta sulla coscienza.

Ma se prima era un peccatore, più o meno incallito, adesso è uno spergiuro, un traditore, un vile. Il suo peccato non lascia spazio ad appelli di sorta, questa volta non è più possibile far finta di nulla e tornare freddamente alle occupazioni quotidiane, la sentenza di condanna è la conclusione logica di un processo sommario che lui ha già aperto e concluso nella sua mente. Ma la condanna non viene pronunciata e gli occhi di Gesù lo assolvono. Pietro piange, perché si sente indegno, ma nello stesso tempo amato. Sta capendo il concetto di misericordia, quel concetto che dovrà impregnare tutta la sua vita ed essere la colonna portante del suo ministero di apostolo del Cristo.

 

Pietro in questa occasione ha imparato delle lezioni importanti, perché ha visto in profondità il proprio cuore, ma nello stesso tempo anche quello di Gesù. Ha capito cosa alberga nel fondo del suo animo, ha conosciuto la verità sulla sua condizione interiore, ma per contrasto e in maniera indelebile ha percepito le motivazioni e i principi che muovono le azioni del suo Maestro. E se in occasione della prima pesca miracolosa, Pietro vuole ritirarsi da Gesù perché si considera indegno e non meritevole dei suoi favori, adesso, in occasione della seconda pesca miracolosa, avvenuta dopo la risurrezione del Messia, gli corre incontro felice, sapendosi giustificato e amato da Lui (Giovanni 21:1-7).

 

Facciamo nostra questa esperienza dell’apostolo Pietro e ancoriamoci, per non cadere vittime del senso di colpa, del senso di indegnità e della condanna, sia umana che diabolica, al seguente passaggio delle Scritture: “Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:14-16).