IL PREGIO DI ESSERE DEI PECCATORI
Oltre a questa meditazione il pastore Lamberto Fontana ha scritto quattro libri:
“E montato in una di quelle barche che era di Simone, lo pregò di scostarsi un po’ da terra; poi, sedutosi, d’in sulla barca ammaestrava le turbe. E com’ebbe cessato di parlare, disse a Simone: Prendi il largo, e calate le reti per pescare. E Simone, rispondendo, disse: Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, alla tua parola, calerò le reti. E fatto così, presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano. E fecero segno ai loro compagni dell’altra barca, di venire ad aiutarli. E quelli vennero, e riempirono ambedue le barche, talché affondavano. Simon Pietro, veduto ciò, si gettò ai ginocchi di Gesù, dicendo: Signore, dipartiti da me, perché son uomo peccatore…E Gesù disse a Simone: Non temere: da ora innanzi sarai pescator di uomini. Ed essi, tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e lo seguirono” (Luca 5:3-11).
Pietro non ha mai avuto regali nella vita o dalla vita. E’ sempre stato abituato a lavorare duro, ad alzarsi presto la mattina, a lottare contro le intemperie e la natura in generale. La sua sorte dipendeva anche dalla fortuna: se pescava, la giornata era buona, se no saltava il pasto. Era anche circondato da concorrenti, gli altri pescatori: bisognava prendere i posti migliori prima degli altri, perché la fortuna altrui significava la sua rovina. Tutto ciò che aveva raggiunto nella sua vita era il frutto dei suoi sforzi, della sua tenacità. Pietro era un uomo rude e indurito, la vita non era certo uno scherzo per lui.
Ma improvvisamente appare Gesù sulla sua strada e con Lui incominciano le benedizioni, si delinea una svolta nella sua vita. Pietro non si spiega cosa stia succedendo. Con tanti pescatori perché il Maestro aveva scelto proprio lui? Non è certo il migliore, il più religioso, non aveva meriti speciali. Si sente pieno di vergogna per questo regalo immeritato, lui che, forse, non ha mai fatto un regalo a nessuno. Si sente imbarazzato, oltre che impaurito: cosa vorrà mai adesso da me questo Gesù? Si sente anche umiliato: era pur sempre un pescatore da tutta una vita e non aveva mai fatto una pesca simile, lui che pensava di essere un pescatore capace, abile.
Invece di ringraziarlo e di trattenerlo, come soluzione permanente ai suoi problemi materiali quotidiani, cerca di allontanarlo. Allontanando Gesù, cesserebbero imbarazzo, vergogna, timore e umiliazione, e così potrebbe tornare alla sua durezza, alla sua insensibilità quotidiana e alle sue imprecazioni per la sfortuna che la vita gli ha riservato.
La presenza di Gesù lo fa sentire incomodo. Guardandolo, infatti, vede tutto ciò che lui non è: si sente peccatore, sporco, indegno. In Gesù vede amore, generosità, bontà, onestà, semplicità, disponibilità, giustizia, altruismo; in Gesù vede quell’uomo che avrebbe voluto essere, ma da cui è molto lontano e a cui non pensa poter più assomigliare. E’ un peccatore, un uomo corrotto, senza più capacità di cambio, e dice: “Signore hai sbagliato persona, io non sono come te e non potrò mai esserlo, forse Tizio o Caio”.
Ma Gesù non se ne va. E’ proprio lui che cerca e vuole, perché, come affermano le Scritture: “E i Farisei ed i loro scribi mormoravano contro i discepoli di Gesù, dicendo: Perché mangiate e bevete coi pubblicani e coi peccatori? E Gesù, rispondendo disse loro: I sani non hanno bisogno del medico, bensì i malati. Io non son venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento” (Luca 5:30-32). Il Signore non si è incarnato per ammirare le brave persone, o per colmare di beni i buoni rifiutando i cattivi, o ad elevare i bravi additandoli come esempio agli altri, ma è venuto a cercare dei peccatori. Ciò non vuol dire che Gesù rifiutasse i giusti, o le brave persone, ma significa che per Dio sulla terra non esisteva e non esiste nessuno che possa definirsi giusto: “Non v’è alcun giusto, neppure uno. Non v’è alcuno che abbia intendimento, non v’è alcuno che ricerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti son diventati inutili. Non v’è alcuno che pratichi la bontà, no, neppure uno” (Romani 3:10-12).
Così, quando Pietro riconosce i suoi peccati, o la sua condizione di peccatore, Gesù ha trovato la persona giusta, quella che cercava, e, invece di allontanarla da sé o di allontanarsene, rimane con lui e lo prende al suo seguito per fargli conoscere il piano che Dio ha per la sua vita. Sì, se sei un peccatore, Dio ha un piano per la tua vita!
Infatti, chi si considera giusto, o rispettoso della Legge di Dio, non confesserà alcun peccato: “E Gesù disse: Io son venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi. E quelli dei Farisei che eran con lui udirono queste cose e gli dissero: Siamo ciechi anche noi? Gesù rispose loro: Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane” (Giovanni 9:39-41). E se il peccato non viene visto e confessato, è impossibile liberarsene. Infatti: “Se diciamo d’essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi.” (1 Giovanni 1:8-9). E se il peccato non viene vinto, succede quanto rivelato da Gesù: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi. Essi gli risposero: Noi siamo progenie d’Abramo, e non siamo mai stati schiavi di alcuno; come puoi tu dire: Voi diverrete liberi? Gesù rispose loro: In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato. Or lo schiavo non dimora per sempre nella casa: il figliolo vi dimora per sempre. Se dunque il figliolo vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:31-36). Quindi, il peccatore che non si considera tale rimarrà in una condizione di schiavitù, cioè di asservimento alle passioni della carne, e, peggio ancora, non dimorerà nella casa del Padre celeste, perché la Parola di Dio non dimora in lui.
Se sei credente, non vergognarti dei tuoi peccati, dei tuoi sbagli, delle tue ricadute, o, peggio ancora, non coprirli e non occultarli davanti ai tuoi fratelli e conduttori, temendo di non essere all’altezza delle loro aspettative o del livello di spiritualità predicato dal pulpito, e alimentando un senso di fallimento e di rifiuto. Non coprirti con una foglia di fico davanti a Dio, come fece Adamo, perché tanto il Signore ti troverà dovunque tu vada e leggerà nel profondo del tuo cuore, trapassando con il suo sguardo ogni barriera che tu cercherai di interporre tra te e Lui. Le tue imperfezioni non allontanano il Signore dalla tua vita, così come Gesù non ha preso le distanze da Simon Pietro, ma anzi gli permettono di perfezionarti. Come puoi tu, infatti, desiderare un cambiamento, come puoi tu essere convinto che ciò che Dio ti vuole offrire è la cosa migliore per la tua vita, come puoi tu chiedere a Dio che ti renda simile a Gesù, se non vedi la negatività dei tuoi comportamenti umani, il danno che producono alla tua persona e a chi ti sta vicino, l’incapacità di riformarti da solo? Se presenti al Signore i tuoi peccati, quindi, Lui ti purificherà, cioè ti guiderà nella via del cambiamento, della perfezione, dell’assomiglianza a Gesù. Ma se non confessi i tuoi peccati, Dio non potrà perfezionarti, perché tu non ti manifesti UNO con Lui nel desiderio di raggiungere la santità, nel desiderio di lottare contro il male che assedia la tua vita e di diventare simile a Gesù.
Se tu ti sforzi per gradire Dio, o per mostrare una spiritualità formale, di facciata, che può soddisfare chi non ti conosce da vicino, ma non può ingannare il Signore che legge i cuori, diventi simile a Simone e ai suoi soci che, pur essendo abili pescatori, si erano affaticati tutta la notte invano, senza pescare alcun pesce. Vuoi presentarti davanti a Dio senza aver fatto fruttare quel talento che Lui ti aveva affidato? Cioè, vuoi presentarti davanti al trono della grazia senza aver permesso a Gesù di formare in te il suo carattere: amore, bontà, benignità, tolleranza, pazienza, mansuetudine, umiltà, misericordia, compassione, perdono, sottomissione, ubbidienza? Dove ti porterebbero le giustificazioni di quel servitore che aveva ricevuto un talento e non lo aveva portato dai banchieri per farlo fruttare? “Signore, io sapevo che tu sei uomo duro, che mieti dove non hai seminato, e raccogli dove non hai sparso; ebbi paura, e andai a nascondere il tuo talento sotterra (cioè, non mi sono esposto alla tua luce per vedere la mia condizione interiore e cambiare coerentemente con la tua santità); eccoti il tuo” (Matteo 25:24-25). Perché dovresti affaticarti nel costruire sul fondamento di Gesù con materiali, come legno, paglia, fieno, (paragonabili al conformismo religioso, all’ipocrisia evangelica o spiritualità di facciata, allo sviluppo di una dottrina apparentemente biblica, ma volta a soddisfare le aspettative umane, al bisogno di essere circondato dalla approvazione degli uomini più che da quella di Dio, alla ricerca della prosperità materiale, tramite la fiducia nel potere della fede, piuttosto che della croce che ci unisce a Gesù nella sofferenza derivante dall’ubbidienza al Padre, tramite la fede nella sua Parola) che verrebbero inesorabilmente bruciati dal fuoco del giudizio di Dio?
Perché vuoi rischiare, seguendo le mode e le tendenze religiose del momento per non sentirti diverso e di conseguenza escluso, di ricevere dal Signore la stessa risposta che diede al servitore che seppellì il talento? “Servo malvagio ed infingardo, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio danaro dai banchieri; e al mio ritorno, avrei ritirato il mio con interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha sarà dato, ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E quel servitore disutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Ivi sarà il pianto e lo stridor dei denti” (Matteo 25:26-30).
Lasciati guidare dal Signore, getta le tue reti dove ti indica la sua Parola e farai una pesca miracolosa. Pescherai le basi per una vita nuova, le direttive per entrare nel cuore di Gesù e scoprire i segreti che daranno un senso ai tuoi giorni e una percezione di completamento, di soddisfazione, di realizzazione nel tuo cuore.
Lasciati illuminare dalla sua luce per sfuggire alle tenebre, tramite la conoscenza della verità. Lasciati guardare dentro e giudicare dal Signore, perché “se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; ma quando siamo giudicati, siam corretti dal Signore, affinché non siam condannati col mondo” (1 Corinzi 11:31-32). Esci dal tuo nascondiglio, togliti la foglia di fico e decidi di conoscere e praticare la verità, combattendo contro le tue attitudini egoiste ed egocentriche, le tue motivazioni sbagliate, le tue interpretazioni di comodo della Scrittura, che verranno manifestate dalla luce della Parola di Dio a cui deciderai di esporti. “Chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, perché le sue opere non siano riprovate; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le opere sue siano manifestate, perché son fatte in Dio (perché desidera che siano conformi alla giustizia di Dio)” (Giovanni 3:20-21).
Com’è bello essere trovati peccatori da Dio! Infatti, la presa di coscienza di come Dio ci vede e la decisione di portare tutte le nostre trasgressioni alla croce di Gesù, ci apre la porta alla sua purificazione. E com’è bello sentirsi lavati, purificati dalla Parola di verità, in pace e in armonia con il nostro Padre celeste!