QUANDO IL MAR ROSSO E’ CHIUSO

Oltre a questa meditazione il pastore Lamberto Fontana ha scritto quattro libri:

   E' più forte di me    Quando Dio ti lascia perplesso    Amami Accettami Considerami    Dio non vuole che i suoi figli soffrano 

 “Gli Egiziani dunque li inseguirono; e tutti i cavalli, i carri di Faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito li raggiunsero mentr’essi erano accampati presso il mare, vicino a Pi-Hahiroth, di fronte a Baal-Tsefon. E quando Faraone si fu avvicinato, i figlioli d’Israele alzarono gli occhi: ed ecco, gli Egiziani marciavano alle loro spalle; ond’ebbero una gran paura, e gridarono all’Eterno. E dissero a Mosè: Mancavan forse sepolture in Egitto, che ci hai menati a morire nel deserto? Perché ci hai fatto quest’azione, di farci uscire dall’Egitto? Non è egli questo che ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare, che serviamo gli Egiziani? Poiché meglio era per noi servire gli Egiziani che morire nel deserto. E Mosè disse al popolo: Non temete, state fermi, e mirate la liberazione che l’Eterno compirà oggi per voi; poiché gli Egiziani che avete veduti quest’oggi, non li vedrete mai più in perpetuo. L’Eterno combatterà per voi, e voi ve ne starete queti. E l’eterno disse a Mosè: Perché gridi a me? Di’ ai figlioli d’Israele che si mettano in marcia. E tu alza il tuo bastone, stendi la tua mano sul mare, e dividilo; e i figlioli d’Israele entreranno in mezzo al mare a piedi asciutti…E Mosè stese la sua mano sul mare; e l’Eterno fece ritirare il mare mediante un gagliardo vento orientale durato tutta la notte, e ridusse il mare in terra asciutta; e le acque si divisero” (Esodo 14:9-16,21).

 

Perché Dio non ha aperto subito il mar Rosso senza fare tante storie? Perché se amava tanto i suoi figli non ha presentato loro le acque del mare divise quando sono arrivati sulle sue rive, liberandoli dalla minaccia incombente del Faraone? Perché ha permesso che la paura e lo sgomento entrassero nei loro cuori? Perché ha fatto sospirare al suo popolo questa liberazione da una così grave minaccia?

Perché, più in generale, Dio non ci toglie le difficoltà prima che si presentino, così che possiamo vivere tranquilli, senza rischiare di perdere la fede in chi si definisce nostro Padre amante e senza rischiare, come conseguenza logica, di finire nelle fauci del Maligno?

 

Uno degli errori nell’educazione dei figli è quello di render loro la vita facile, facendogli trovare tutto pronto, assecondando ogni loro desiderio, giustificando ogni cosa perché sono bambini, evitando, in ultima analisi, di disciplinarli. Quello che i genitori raccoglieranno in una realtà simile è di avere dei figli con pretese continue, egoisti ed egocentrici, di ridursi come dei servi al loro servizio e di avere in casa degli adulti incapaci di assumersi le proprie responsabilità, di prendere decisioni importanti, di affrontare problemi e sofferenze di cui è piena la vita. Un figlio, così educato, vedrà i genitori come un mezzo per soddisfare le sue esigenze e non svilupperà un rapporto d’amore, di rispetto e di riconoscenza nei loro confronti.

 

Analizziamo adesso il passaggio biblico di Esodo:

- Non aprendo il mar Rosso, come se fosse un’azione del tutto naturale e logica, Dio ha voluto che i suoi figli puntassero gli occhi su di Lui, lo vedessero, lo cercassero e, di conseguenza, lo conoscessero.

Non dovevano concentrarsi solo sul problema, o sulle prossime necessità da soddisfare per sentirsi felici e realizzati, ma sulle motivazioni che avrebbero dovuto spingere il loro Padre celeste a liberarli da quella situazione e, come conseguenza indiretta, sulle aspettative carnali ed egoistiche che dominavano i loro cuori e che avevano come finalità quella di volere un Dio pronto ad eseguire ogni loro richiesta e a soddisfare ogni loro bisogno umano. L’azione dello Spirito Santo, invece, voleva portarli a vedere sempre meno i loro bisogni e sempre più il cuore di Dio.

Questo principio vale anche per noi oggi, fa parte della disciplina di Dio per le nostre vite, che ha lo scopo di portarci a dare “un pacifico frutto di giustizia” (Ebrei 12:11). E più conosceremo le motivazioni che muovono il cuore di Dio, più noi faremo nostri i bisogni degli altri e ci spenderemo per loro.

 

- Non aprendo il mar Rosso quando era pressante farlo, Dio voleva far loro capire che non avevano diritti.

Non erano stati liberati dalla schiavitù del Faraone e non si erano messi in marcia verso la Terra Promessa perché ne avevano diritto, ma solo grazie ad un intervento di misericordia da parte del loro Padre celeste, solo grazie alla compassione per la loro condizione (Esodo 2:23-25), che aveva riempito il suo cuore a tal punto da portarlo a intervenire per liberarli da quel giogo disumano, avvilente e deprimente a cui erano sottoposti. Voleva che il suo popolo capisse il significato della parola AMORE, quella forte motivazione che spinge ad agire a favore di qualcuno, disinteressatamente e utilizzando le migliori risorse di cui si dispone, e voleva anche che si rendesse conto che quella forte motivazione stava muovendo il cuore del loro Padre celeste proprio in quel momento. Voleva che i suoi figlioli si sentissero amati e che, soprattutto, capissero l’enorme valore che rappresenta l’amore nelle relazioni umane in cui erano coinvolti tutti i giorni.

 

- Non aprendo subito il mar Rosso, Dio ha voluto raggiungere la finalità di purificare il suo popolo dalla contaminazione del peccato.

Come hanno reagito gli Israeliti? “…ebbero una gran paura e gridarono all’Eterno. E dissero a Mosè: Mancavan forse sepolture in Egitto, che ci hai menati a morire nel deserto? Perché ci hai fatto  quest’azione, di farci uscire dall’Egitto? Non è egli questo che ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare, che serviamo gli Egiziani? Poiché meglio era per noi servire gli Egiziani che morire nel deserto” (Esodo 14:10-12). Dai loro cuori uscirono lamento, amarezza, rancori, rinfacciamenti, paure, ribellioni, rabbia, sfiducia.

Pur avendo ottenuto una grande liberazione, pur avendo percepito che Dio era loro propizio, non si fidano di Lui e non accettano i suoi metodi. Nasce un conflitto tra la volontà dell’uomo e quella di Dio, tra l’autogoverno e la sottomissione all’autorità suprema del Creatore dell’universo, tra i principi umani egocentrici, con la mira di soddisfare se stessi, e quelli divini basati sull’amore, cioè sulla rinuncia di se stessi per servire il prossimo e, di conseguenza, Dio.

Dio utilizza questi metodi perché vuole portare l’uomo al pentimento, al riconoscimento cioè che la sua natura è malvagia, che non è in armonia con il suo Creatore, che non ne riconosce la sovranità, che non riposa nelle sue leggi, che ha un concetto di giustizia condizionato dal dover soddisfare i propri bisogni, che non ha il concetto di popolo ma solo la visione dell’interesse di parte, individuale, che mira soprattutto al piacere, al potere, alla gloria umana e non ai valori che portano benessere e stabilità all’universo intero.

La prova deve portare la carne all’esasperazione, affinché i nostri atteggiamenti sbagliati diventino così evidenti da permettere allo Spirito Santo di convincerci di peccato, di portarci al bisogno di cambiare e alla necessità di confessare i nostri peccati per essere pronti a farci purificare da Gesù, diventando simili a Lui.

 

- Non aprendo subito il Mar Rosso, Dio ha voluto far capire al suo popolo che vuole la sua partecipazione alla concretizzazione del piano divino.

Il suo progetto consiste nel renderci simili a Gesù per glorificarLo, cioè per mettere in evidenza in questo mondo di tenebre il carattere morale e la potenza senza uguali del Padre celeste, il Creatore di tutta l’opera esistente, il Re indiscusso dell’universo e l’Unico capace di mantenerlo in armonia.

Dio, certo, non ha bisogno di noi per portare a termine i suoi programmi, ma, per poter governare con il consenso dei suoi sudditi, ha bisogno che questi stessi lo conoscano, lo approvino, lo accettino e si sottomettano di loro spontanea volontà alla sua autorità suprema.

Collaborando con Lui, quindi, abbiamo la possibilità di entrare in contatto con le motivazioni e con le realtà che contraddistinguono il suo cuore, con la sua visione delle caratteristiche necessarie e fondamentali per poter convivere gli uni con gli altri, con il concetto di autorità e sottomissione che rende possibile l’applicazione di queste norme di convivenza. 

Pregando, perseverando nella fede, accettando con pazienza le sofferenze per causa sua, lottando contro il peccato e il demonio, noi entreremo in contatto con la fedeltà, la misericordia, la compassione, l’umiltà, la mansuetudine, la tolleranza, la bontà, la pace, la gioia, la sottomissione, l’ubbidienza di Gesù, la Parola di Dio fatta carne.

Tutte le prove a cui saremo sottoposti, dovute al non intervento diretto e immediato di Dio nelle singole circostanze che si presenteranno nella nostra vita, hanno la finalità di formare queste qualità nei nostri cuori (“il tesoro nei vasi di terra”, 2 Corinzi 4:7), qualità che ci rendono simili a Gesù e che rappresentano la meta di Dio in tutto il suo operare per l’essere umano.

Questo carattere non potrebbe venir formato nelle nostre vite senza la nostra collaborazione diretta, senza la nostra volontà disposta ad acquisire queste virtù e a lottare contro il peccato che ci assedia e che cerca di impedirci di aspirare e ottenere questi valori.

 

- Non aprendo subito il Mar Rosso, Dio ha voluto che il suo popolo lo sentisse al suo fianco.

Se seguire Dio significasse attenersi ad una serie di leggi, non avremmo nessuna necessità di entrare in contatto con Dio e di sentirlo presente e attivo nella nostra vita. Non potremmo neanche percepire che Lui veglia su di noi, che è attento a quanto ci succede, che desidera  il nostro sviluppo e che opera per portarci a maturazione, liberandoci dai legami del peccato e del Maligno. L’azione di pregare, di intercedere, di studiare la Parola, di evangelizzare, di discernere il bene dal male, di confidare in Lui, di confessare i nostri falli, di perdonare e di essere misericordiosi con il nostro prossimo, può aver luogo solo con l’aiuto di Gesù presente nei nostri cuori, che produce in noi sia “il volere che l’operare” (Filippesi 2:13), aiuto che dobbiamo cercare di nostra spontanea volontà perché la nostra carne, cioè la nostra natura ereditata dai nostri genitori, “non è sottomessa alla legge di Dio, e neppure può esserlo” (Romani 8:7).

In questo modo sentiamo Dio vicino e tutti i risultati che possiamo raggiungere per il nostro benessere e per la nostra realizzazione come persone, li attribuiamo, senza ombra di dubbio e con la consapevolezza autentica che il merito va solo a Lui, al nostro Salvatore e Signore Gesù Cristo.