SIMBOLISMO DELLA PASQUA E DELLA SANTA CENA
Oltre a questa meditazione il pastore Lamberto Fontana ha scritto quattro libri:
L’ora di Gesù giunse il giorno di Pasqua, dopo aver consumato la Pasqua stessa con i suoi discepoli, cioè dopo aver sacrificato e mangiato l’agnello pasquale (Luca 22:7-16). Ma perché Dio scelse questa data e che cosa rappresenta la Pasqua nella storia del popolo eletto?
Dopo 430 anni di dura schiavitù Dio innalzò Mosè perché fosse lo strumento da Lui utilizzato per liberare il suo popolo dall’oppressione del Faraone e guidarlo alla terra promessa. L’ultima delle 10 piaghe annunciate da Mosè, e cioè la morte dei primogeniti in tutto il paese d’Egitto, fiaccò la durezza del cuore del Faraone che permise così la partenza dei figlioli d’Israele (Esodo 12:31-32). Israele fu esclusa da questa tremenda piaga per aver ricevuto ed ubbidito alla Parola di Dio: il sangue di un agnello, ucciso poche ore prima della realizzazione dell’ultima piaga, messo sui due stipiti e sull’architrave della porta di casa era il segnale che non permetteva all’angelo della morte di entrare per colpire. La vittima sacrificata per salvare i primogeniti d’Israele dal giudizio di Dio è la Pasqua (Esodo 12:11).
CRISTO L’AGNELLO DI DIO
Circa 430 anni dopo che l’ultimo profeta, Malachia, lasciò udire la sua voce, Cristo iniziò il suo ministero, riconosciuto e salutato da Giovanni il Battista con queste parole: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” (Giovanni 1:29). Cristo, dunque, è l’Agnello di Dio, che doveva essere sacrificato per la salvezza di molti. La ricorrenza della Pasqua, osservata solamente ogni anno per mandato divino (Esodo 12:42), non era altro che un messaggio profetico del sacrificio di Cristo sulla croce: “La nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata” (1 Corinzi 5:7).
Vediamo adesso le molte analogie tra la Pasqua e l’Agnello di Dio:
- “Il 10° giorno di questo mese, prenda ognuno un agnello per famiglia…lo serberete fino al 14° giorno di questo mese” (Esodo 12:3,6).
Il ministero di Cristo durò 3 anni. Iniziò poco prima della Pasqua, che cade nel 1° mese dell’anno ebraico, e terminò a Pasqua, abbracciando quindi 5 anni di calendario.
- “Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, dell’anno” (Esodo 12:5).
- “Riscattati…col prezioso sangue di Cristo, come di agnello senza difetto né macchia” (1 Pietro 1:18-19).
- “Tutta la radunanza d’Israele, congregata lo immolerà” (Esodo 12:6)
“E Pilato, chiamati assieme i capi sacerdoti e i magistrati e il popolo, disse loro…ma essi gridarono tutti insieme: Fa’ morir costui, e liberaci Barabba” (Luca 23:13,18).
- “Lo immolerà sull’imbrunire” (Esodo 12:6).
“Si fecero tenebre per tutto il paese, fino all’ora nona (le 3 del pomeriggio)…e Gesù, gridando con gran voce, disse: Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio” (Luca 23:44,46).
- “E non ne spezzate alcun osso” (Esodo 12:46).
“Ma venuti a Gesù, come lo videro già morto, non gli fiaccarono le gambe” (Giovanni 19:33).
- “Sia arrostito al fuoco, con la testa, le gambe e le interiora” (Esodo 12:9).
Cristo, nella sua vita terrena, fu provato con fuoco, essendo tentato in ogni area, per essere l’autore della nostra salvezza.
“Diletti non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi per provarvi, quasiché vi avvenisse qualcosa di strano: Anzi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevene” (1 Pietro 4:12-13).
- “E non ne lasciate nulla di resto fino alla mattina; e quel che ne sarà rimasto fino alla mattina, bruciatelo col fuoco” (Esodo 12:10).
“Or nella notte del sabato, quando già albeggiava, il 1° giorno della settimana, Maria Maddalena e l’altra Maria vennero a visitare il sepolcro…Perché cercate il vivente fra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato” (Matteo 28:1 / Luca 24:5-6).
- “E quel sangue vi servirà di segno sulle case dove sarete; e quand’Io vedrò il sangue passerò oltre, e non vi sarà piaga su voi per distruggervi” (Esodo 12:13).
“Eletti ad esser cosparsi del sangue di Gesù Cristo…A Lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue…Giustificati per il suo sangue, sarem per mezzo di Lui salvati dall’ira” (1 Pietro 1:2 / Apocalisse 1:5 / Romani 5:9).
- “E se ne mangi la carne in quella notte; si mangi arrostita al fuoco, con pane senza lievito” (Esodo 12:8).
“In ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare” (Ebrei 4:15).
“Non sapete voi che un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta? Purificatevi dal vecchio lievito…Celebriamo dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con azzimi della sincerità e della verità” (1 Corinzi 5:6-8).
LA CROCE, COMPIMENTO DELLA PASQUA
Cristo si appresta ora a mangiare la sua ultima Pasqua prima di essere immolato. Il messaggio profetico contenuto nel simbolismo dell’agnello pasquale sta per compiersi sul Golgota e diventa fatto concreto con il sacrificio di Cristo.
Il simbolismo della Pasqua, e cioè:
- L’Egitto, simbolo del mondo
- Il Faraone, simbolo del principe del mondo, il diavolo
- La schiavitù, simbolo del peccato
- L’agnello, simbolo di Gesù Cristo
- Il sangue sulla porta, simbolo della riconciliazione tra Dio e l’uomo attraverso il sacrificio espiatorio di Cristo, trova ora il suo compimento nella croce del Golgota e la liberazione dalla schiavitù del peccato diventa effettiva: “Ma ora, una volta sola, alla fine dei secoli, è stato manifestato per annullare il peccato col suo sacrificio” (Ebrei 9:26).
Cristo, quindi, col suo sacrificio ha annullato il potere del peccato, quel potere che Paolo conosceva molto bene e che ci descrive nella lettera ai Romani: “Ma veggo un’altra legge nelle mie membra,che combatte contro la legge della mia mente, e mi rende prigione della legge del peccato che è nelle mie membra” (Romani 7:23),
ed ha vinto colui che aveva l’impero della morte: “Poiché dunque i figlioli partecipano del sangue e della carne anch’Egli vi ha similmente partecipato,affinché mediante la morte distruggesse colui che aveva l’impero della morte, cioè il diavolo” (Ebrei 2:14),
per liberarci dalla schiavitù del peccato: “E liberasse tutti quelli che per il timore della morte erano per tutta la vita soggetti a schiavitù…chi commette il peccato è schiavo del peccato” (Ebrei 2:15 / Giovanni 8:34)
e per metterci sul cammino verso la terra promessa (la salvezza): “Ed essendo stato reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore d’una salvezza eterna” (Ebrei 5:9-10), “il Salvator nostro Gesù Cristo, il quale ha distrutto la morte e ha prodotto in luce la vita e l’immortalità mediante l’Evangelo” (2 Timoteo 1:10).
La vita e l’immortalità, cioè l’impossibilità di ricadere nella schiavitù del peccato, vengono trasmesse agli uomini tramite un atto di grazia divina: “Quando eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo (egli è per grazia che siete stati salvati)” (Efesini 2:5).
CRISTO, ALIMENTO DI VITA
Ma in che modo pratico la grazia di Dio, cioè la capacità di essere santi e di non ricadere più nella schiavitù del peccato, giunge all’uomo, impartendogli vita e immortalità? Questo è il messaggio che ci lascia Gesù tramite i simboli della Santa Cena.
Il rito dell’agnello pasquale, che rappresentava l’attesa profetica del sacrificio espiatorio del Messia, atto che avrebbe liberato e salvato il suo popolo dalla schiavitù del peccato e del maligno, trova la sua realizzazione nella croce di Gesù e così non ha più ragione di esistere. Con la morte di Gesù la liberazione è un fatto compiuto e tramite i simboli della Santa Cena il Signore ci indica il modo per entrare in possesso di questa liberazione da Lui ottenuta per noi.
Abbiamo visto che la Pasqua è la vittima immolata, che Cristo è la Pasqua e che mangiare l’agnello significa mangiare la Pasqua. Di conseguenza mangiare la Pasqua equivale a mangiare Cristo. E questo è proprio ciò che Gesù ha annunciato durante il suo ministero terreno:
“Chi mi mangia vivrà” (Giovani 6:57) ; “Se non mangiate la carne del Figliolo dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi” (Giovanni 6:53) ; “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna” (Giovanni 6:54).
CARNE E SANGUE: MATERIA O SIMBOLO ?
L’espressione ‘carne e sangue’ ha qui chiaramente un valore simbolico. Infatti a che servirebbe mangiare la carne di Gesù, se “la carne non giova nulla” (Giovanni 6:63) e come potremmo bere il sangue, se sia l’Antico che il Nuovo Testamento lo vietano?
“Questa è una legge perpetua, per tutte le vostre generazioni, e in tutti i luoghi dove abiterete: non mangerete né grasso né sangue” (Levitino 3:17).
“Poiché è parso bene allo Spirito Santo ed a noi…che v’asteniate dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue” (Atti 15:28-29).
‘Carne e sangue’ è un’espressione utilizzata per rappresentare l’uomo o la natura umana:
“Ma quando Iddio…si compiacque di rivelare in me il suo Figliolo perch’io lo annunziassi fra i Gentili, io non mi consigliai con carne e sangue, e non salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me” (Galati 1:15-17);
“Poiché il combattimento nostro non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà…” (Efesini 6:12).
Nei due versetti citati si può sostituire l’espressione ‘carne e sangue’ con persona o uomo.
“Carne e sangue non possono predare il regno di Dio; né la corruzione può eredare la incorruttibilità” (1 Corinzi 15:50);
“Poiché dunque i figlioli partecipano del sangue e della carne, anch’Egli vi ha similmente partecipato” (Ebrei 2:14).
Nei due versetti citati si può sostituire l’espressione ‘carne e sangue’ con la natura umana.
CARNE E SANGUE: NATURA DIVINA DI GESU’
La natura umana è corrotta: “Il cuore è ingannevole più d’ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi lo conoscerà? Io, l’Eterno che investigo il cuore” (Geremia 17:9-10),
e non può eredare il regno di Dio: “Carne e sangue non possono predare il regno di Dio” (1 Corinzi 15:50),
perché è nemica di Dio: “Ciò a cui la carne ha l’animo è inimicizia contro Dio” (Romani 8:7),
e tutti ne siamo partecipi, perché la riceviamo in eredità: “Quel che è nato dalla carne, è carne” (Giovanni 3:6).
Anche Gesù, nato da carne, cioè da Maria, ha ricevuto per eredità la natura umana (Romani 8:3 / 2 Corinzi 5:21 / Ebrei 2:14). Ma è stato concepito anche dallo S.S. e da questi ha ricevuto la natura divina (Giovanni 1:1-2,14 / Luca 1:35 / Colossesi 2:9).
La natura umana era quella parte di Gesù soggetta a tentazione (Luca 4:1-13 / Ebrei 2:18 ; 4:15), perché concupiva (Giacomo 1:13-14). In assenza di concupiscenza non si può parlare di tentazione e la vittoria sulla tentazione si ha soltanto quando si riesce a resistere al desiderio di peccare.
La natura divina, invece, era quella che dava a Gesù la vittoria sulla tentazione (Ebrei 5:7-10 / Giacomo 1:13). La vittoria sul peccato e sul maligno, quindi, possiamo ottenerla solo condividendo la natura stessa di Dio (2 Pietro 1:4 / 1 Giovanni 3:9 / 1 Pietro 1:23), quella cioè che ha trionfato in Gesù Cristo.
Gesù ci chiama a libertà e quindi non può offrirci la sua carne e il suo sangue intesi come la sua natura umana, ma ci offre la sua natura divina. Liberandosi del suo corpo umano, morto sulla croce, si è liberato anche della sua natura umana ed è tornato a rivestirsi unicamente della sua divinità (1 Pietro 3:18 / Ebrei 9:28 / 2 Corinzi 5:16 / Giovanni 17:5).
“Come il vivente Padre mi ha mandato e Io vivo a cagione del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a cagione di me…questo vi scandalizza? E che sarebbe se vedeste il Figliol dell’uomo ascendere dov’era prima?” (Giovanni 6:57,61-62).
Cristo profetizza la sua ascensione e il suo ritorno alla gloria che gli apparteneva prima della sua incarnazione. Il Cristo che è disceso dal Cielo, quindi, è lo stesso che vi salirà di nuovo. Ma chi è disceso dal Cielo?
“Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio…E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato un tempo fra noi, piena di grazia e verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come quella dell’Unigenito venuto da presso del Padre” (Giovanni 1:1-2,14).
“E l’angelo rispondendo, le disse: Lo Spirito santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliolo di Dio” (Luca 1:35).
In Cielo è ritornato, quindi, ciò che vi era disceso,e cioè la Parola e lo Spirito Santo: la natura divina di Gesù.
DIMORARE IN CRISTO PER DIMORARE NEL PADRE
Cristo partecipa della natura divina:
“Io e il Padre siamo uno” (Giovanni 10:30);
“Io sono nel Padre e il Padre è in me. Il Padre che dimora in me fa le opere sue. Credetemi che Io sono nel Padre e che il Padre è in me” (Giovanni 14:10-11).
Come Cristo dimora nel Padre e partecipa della sua natura divina, vuole che anche noi possiamo parteciparvi:
“Che siano tutti uno; che come Tu, o Padre, sei in me, ed Io sono in Te, anch’essi siano in noi” (Giovanni 17:21).
Ma come possiamo raggiungere questa unità con Dio e condividerne la sua stessa natura? Cristo lo rende possibile e ce ne comunica le modalità tramite i simboli della Santa Cena:
“Chi mangia la mia carne (pane) e beve il mio sangue (vino) dimora in me, ed Io in lui” (Giovanni 6:56).
Che cosa significa dimorare in Cristo? Investighiamo le Scritture:
“Se uno mi ama, osserverà la mia Parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” (Giovanni 14:23);
“Colui che dimora in me e nel quale Io dimoro, porta molto frutto…se dimorate in me e le mie Parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto” (Giovanni 15:5,7);
“Se quel che avete udito dal principio dimora in voi, anche voi dimorerete nel Figliolo e nel Padre” (1 Giovanni 2:24);
“Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Lui, ed Egli in esso” (1 Giovanni 3:24).
Dai versetti citati deduciamo che dimorare in Cristo significa avere la Parola di Cristo dimorante in noi. Ma la Parola che Cristo ha pronunciato non è altro che la Parola di Dio:
“Le cose che ho udite da Lui, le dico al mondo…Le cose dunque che dico, così le dico, come il Padre me le ha dette…Le Parole che Tu mi hai date, le ho date a loro” (Giovanni 8:26 ; 12:50 ; 17:8).
Chi dimora quindi nella Parola di Cristo, dimora nella Parola di Dio e così facendo lascia che la volontà del Padre sia operante nella sua vita (Ebrei 4:12 / 1 Pietro 1:23). Ma per dimorare pienamente in Cristo, e quindi nel Padre, non deve dimorare in noi soltanto la sua Parola, ma anche il suo Spirito:
“E da questo conosciamo ch’Egli dimora in noi: dallo Spirito che Egli ci ha dato” (1 Giovanni 3:24);
“Se uno non ha lo Spirito di Cristo, egli non è di Lui” (Romani 8:9);
“Le Parole che vi ho dette sono Spirito e vita” (Giovanni 6:63).
Ne deduciamo ancora una volta che la carne e il sangue rappresentano simbolicamente la Parola (il vero cibo) e lo Spirito di Cristo (la vera bevanda), cioè la natura divina di Gesù, la presenza di Dio in Gesù.
MANGIATE (il pane), QUESTO E’ IL MIO CORPO
Così come è avvenuto per l’agnello pasquale in Egitto, anche Gesù offre il suo corpo, cioè la sua carne, e il suo sangue:
“Poi, avendo preso del pane, rese grazie e lo ruppe e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo il quale è dato per voi: fate questo in memoria di me. Parimenti ancora, dopo aver cenato, dette loro il calice dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, il quale è sparso per voi” (Luca 22:19-20).
Nell’ultima cena Cristo offrì, come prescritto dalla legge, pane senza lievito. Il lievito nelle Scritture viene associato al peccato o alla Parola di Dio adulterata, come per esempio l’ipocrisia e la dottrina dei Farisei. Il lievito cambia lo stato della farina impastata, la fa gonfiare, ed è ciò che è successo ad Adamo il giorno in cui ha disubbidito ed ha lasciato che il peccato entrasse in lui: tutto il suo essere, cioè il suo modo di pensare e di agire, è stato condizionato e contaminato dal peccato. Gesù offre pane senza lievito, perché il peccato non lo ha mai condizionato o vinto durante la sua permanenza come uomo sulla terra.
Ma perché, presentando il pane, dice: “Questo è il mio corpo”? Se fin da bambino avessi mangiato sempre e soltanto polenta, presentando un piatto di polenta potrei dire: “Questo è il mio corpo”. Il mio corpo, cioè, è il frutto della polenta che ho mangiato, è vivo e sviluppato grazie alla polenta di cui mi sono alimentato. Gesù, presentando il pane azzimo e dicendo: “Questo è il mio corpo”, dice sostanzialmente: Questo è l’alimento di cui mi sono unicamente nutrito. E di quale alimento si sia cibato lo rivela nel Vangelo Giovanni:
“Io ho un cibo da mangiare che voi non sapete…Il mio cibo è di far la volontà di Colui che mi ha mandato, e di compiere l’opera sua” (Giovanni 4:32-34).
Gesù, quindi, si è cibato della volontà di Dio,cioè della Parola di Dio, che è verità e che è santa (Giovanni 17:14,17 / Romani 7:12,14 / 1 Corinzi 5:7-8).
“E Gesù cresceva in sapienza e in statura, e in grazia dinnanzi a Dio e agli uomini” (Luca 2:52).
Il cibo materiale portava a sviluppo il suo corpo fisico, ’cresceva in statura’, e la parola di Dio portava a sviluppo il suo uomo interiore, l’uomo spirituale, ’cresceva in sapienza e in grazia’. Gesù, quindi, non ci offre il suo corpo, ma il cibo con cui ha alimentato il suo corpo. E questo cibo non è materiale, perché ha il potere di produrre vita eterna (Giovanni 6:27,48-51). Questo cibo viene dall’alto, viene da Dio:
“In verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che vien dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal Cielo. Poiché il pan di Dio è quello che scende dal Cielo, e dà vita al mondo” (Giovanni 6:31-33),
ed è Gesù Cristo che lo distribuisce:
“Adoperatevi…per il cibo che dura in vita eterna, il quale il Figliol dell’uomo vi darà…Io sono il pane della vita…Io sono il pane vivente, che è disceso dal Cielo” (Giovanni 6:27,35,48-51),
perché Gesù è la Parola di Dio:
“Nel principio era la Parola…e la Parola era Dio…e la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi” (Giovanni 1:1,14),
“E il suo nome è: la Parola di Dio” (Apocalisse 19:13),
e la parola, cioè Cristo, è stata data per noi:
Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliolo…perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui” (Giovanni 3:16-17). Dal Cielo, infatti, non è sceso un corpo, ma la Parola, che è Spirito, e che esisteva prima ancora della fondazione del mondo (Giovanni 6:59-62 ; 8:58 ; 17:5),
e la Parola, cioè Gesù, ci è stata inviata per darci la vita, cioè la capacità di compiere la volontà di Dio senza ricadere nella schiavitù del peccato e del maligno:
“In lei (la Parola) era la vita…le parole che vi ho dette sono Spirito e vita…Quel che era dal principio, quel che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita (e la vita è stata manifestata e noi ,l’abbiam veduta…)” (Giovanni 1:4 ; 6:63 / 1 Giovanni 1:1).
Quando ripetiamo questo rito, lo facciamo in memoria di Gesù. Quando gli Ebrei, osservando un rituale imposto loro da Dio, mangiavano l’agnello pasquale, ricordavano la libertà che l’Eterno aveva concesso al suo popolo tramite un atto della sua potenza e profetizzavano a se stessi l’avvento dell’Agnello di Dio, che avrebbe dato loro la vera libertà, quella dal peccato e dal maligno. Con la Santa Cena noi credenti ricordiamo a noi stessi questa stessa libertà, che Gesù ci ha offerto tramite la sua morte in croce, e ci indichiamo la via da seguire, che è la stessa che Gesù ha seguito,per mantenerci in comunione con Dio fino al giorno in cui ci ricongiungeremo con Lui, e cioè la necessità di alimentarci della Parola e di appoggiarci sullo Spirito Santo per essere in grado di compierla, svincolandoci così dal potere del peccato.
IL VINO, SIMBOLO DELLO SPIRITO SANTO
“Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per la remissione dei peccati…Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue” (Matteo 26:27 / Luca 22:20).
Cristo aveva già offerto il suo sangue come bevanda ed aveva conferito a questa bevanda il potere di dare la vita eterna:
“Chi beve il mio sangue ha vita eterna…il mio sangue è vera bevanda” (Giovanni 6:54-55).
Il sangue, come abbiamo già visto, assume un valore simbolico e nasconde un altro tipo di bevanda, quella che ha in sé il vero potere di dare la vita eterna, di dissetare l’assetato e che spesso viene simboleggiata dall’acqua:
“Chi beve dell’acqua che Io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che Io gli darò, diventerà in lui fonte di acqua che scaturisce in vita eterna” (Giovanni 4:14).
Ma che cosa si nasconde dietro il simbolo dell’acqua, e quindi anche del sangue? Lo stesso Gesù lo chiarisce:
“Gesù esclamò: Se alcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Or disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che crederebbero in Lui” (Giovanni 7:37-39),
ed anche l’apostolo Paolo ce lo conferma:
“Noi tutti abbiamo ricevuto il battesimo di un nuovo Spirito per formare un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito” (1 Corinzi 12:13).
Il vino della Santa Cena, dunque, simboleggia lo Spirito Santo di Gesù, che, dandoci il desiderio e la forza per applicare la santa Parola di Dio, offre il riposo alle anime nostre, quell’appagamento e sollievo che percepisce l’assettato nel momento in cui beve acqua fresca (Ebrei 3:7-19 ; 4:1-13 / Matteo 11:28-30).
Il sangue offerto da Gesù ai suoi discepoli nell’ultima cena è il sangue del nuovo patto. Ma qual era il vecchio patto e in che cosa consisteva?
“Mosè venne e riferì al popolo tutte le parole dell’Eterno e tutte le leggi. E tutto il popolo ad una voce disse: Noi faremo tutte le cose che l’Eterno ha dette…e Mosè prese la metà del sangue o lo mise in bacini; e l’altra metà la sparse sull’altare…allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: Ecco il sangue del patto che l’Eterno ha fatto con voi sul fondamento di tutte queste parole” (Esodo 24:3,6,8),
“Il primo patto non è stato inaugurato senza sangue. Difatti, quando tutti i comandamenti furono secondo la legge proclamati da Mosè a tutto il popolo, egli prese il sangue…e ne asperse il libro stesso e tutto il popolo” (Ebrei 9:18-20).
Questo patto, dunque, consisteva nella presentazione della legge di Dio al suo popolo, con la richiesta di osservarla in tutte le sue parti. Il popolo d’Israele dal canto suo si impegnava a metterla scrupolosamente in pratica. Il sangue sparso sull’altare, sul libro della legge e sul popolo era il suggello di questo patto:
“Osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni mediante le quali chiunque le metterà in pratica vivrà” (Levitico 18:4-5).
Questo patto, però, non è stato di benedizione per Israele, perché tutti lo hanno violato:
“Io farò un nuovo patto con la casa d’Israele…non come il patto che fermai coi loro padri…patto che essi violarono, benché Io fossi loro Signore” (Geremia 31:31-32),
e si sono, così, resi colpevoli davanti a Dio:
“Poiché chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un sol punto, si rende colpevole su tutti i punti” (Giacomo 2:10).
Quel sangue di animali sparso sull’altare, sul libro del patto e sul popolo, dunque, non aveva in sé la capacità di impartire al popolo ebreo il desiderio e la forza per applicare la legge di Dio in quanto non aveva nessuna azione sul cuore dell’uomo, nessun potere contro il peccato (Ebrei 9:6-15,23 ; 10:1-4). Il rito dell’aspersione del sangue aveva un valore simbolico e profetico: simboleggiava il sangue di Gesù, cioè lo Spirito di Gesù, e ne annunciava la venuta nel mondo.
Questo primo patto è stato un fallimento per l’uomo e Dio, con un atto di misericordia e d’amore verso il suo popolo, promette un nuovo patto fondato su migliori promesse (Ebrei 8:6-7):
“Ecco, i giorni vengono, dice l’Eterno, che Io farò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che fermai coi loro padri il giorno che li presi per mano per trarli fuori dal paese d’Egitto; patto ch’essi violarono, benché Io fossi loro Signore, dice l’Eterno; ma questo è il patto che farò con la casa d’Israele, dopo quei giorni, dice l’Eterno: Io metterò la mia legge nell’intimo loro,l a scriverò sul loro cuore e Io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo” (Geremia 31:31-33),
“Io vi trarrò di fra le nazioni…v’aspergerò d’acqua pura, e sarete puri; e Io vi purificherò di tutti i vostri idoli; torrò dalla vostra carne il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito, e farò sì che camminiate secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni” (Ezechiele 36:24-27),
“E farò con loro un patto eterno, che non mi ritrarrò più da loro per cessare di far loro del bene; e metterò il timore nel loro cuore, perché non si dipartano da me” (Geremia 32:40),
“E non nasconderò più loro la mia faccia, perché avrò sparso il mio Spirito sulla casa d’Israele” (Ezechiele 39:29).
Con questo nuovo patto Dio promette di elargire il suo Spirito e di metterlo dentro i cuori di coloro che si disporranno a credere in Gesù (Giovanni 1:12-13 ; 7:38-39). Lo Spirito di Dio, che ha portato Gesù a sottomettersi al Padre e ad osservare tutti i precetti contenuti nella sua legge, abitando nei nostri cuori ci comunica l’amore per la Parola e il desiderio e la forza per compierla. Dove la carne ha fallito, lo Spirito trionfa (Romani 8:3-14). Gesù, quindi, è il mediatore di questo nuovo patto, cioè è Colui che ne ha reso possibile la realizzazione pratica. Affrontando il peccato e sconfiggendolo grazie al potere dello Spirito di Dio che era in Lui, ha creato quello Spirito vincente di cui Dio parla quando espone la sua intenzione di fare un nuovo patto con l’uomo (Ebrei 8:6-7 ; 9:15). Questo Spirito vincente, cioè la Spirito di Gesù, è il sangue del nuovo patto sparso per noi (Atti 2:14-18,32-33 / Tito 3:5-7), quel sangue che dà vita eterna a chi lo beve, perché lo mette nelle condizioni di avere la capacità eterna di compiere la volontà di Dio e di non ricadere più nella schiavitù del peccato e del maligno (Efesini 2:1-10 / Romani 8:1-4).
PORZIONI DI CRISTO
Il pezzetto di pane che mangiamo e il sorso di vino che beviamo nel rito della santa Cena ci ricordano che ognuno di noi è una parte dell’Intero. Se in Gesù abitava tutta la pienezza della Deità (Colossesi 1:15,19 ; 2:9 / Ebrei 1:3), in noi ce n’è solo una porzione (Matteo 25:15 / 1 Corinzi 13:9-12 / Efesini 4:7 / Filippesi 3:12-14 / 1 Pietro 4:10). Nessuno, quindi, è autosufficiente, ma siamo come un corpo formato da svariate membra interdipendenti fra loro (Romani 12:4-5 / 1 Corinzi 6:15 ; 12:12,18,27 / Efesini 5:29-30) per la edificazione mutua (1 Corinzi 12:4-7,11 / Efesini 4:11-13). Ci ricordano che attingiamo tutti alla stessa fonte per avere la vita (1 Corinzi 10:16-17), che condividiamo la stessa natura divina, la natura di Gesù Cristo (Ebrei 3:14 / 2 Pietro 1:4) e che, quindi, abbiamo lo stesso Padre, siamo fratelli per essere stati generati con lo stesso seme (1 Pietro 1:22-23 / Giacomo 1:18 / 1 Giovanni 3:9 / Luca 8:11).
CONCLUSIONE
Un corpo, per mantenersi vivo, ha bisogno di una sana alimentazione e di un sistema efficiente di distribuzione delle sostanze contenute nel cibo ingerito, affinché ogni cellula che costituisce l’organismo riceva l’alimento di cui necessita per continuare a vivere. Lo stomaco provvede a digerire ciò di cui ci siamo nutriti e la poltiglia che se ne forma passa nel primo tratto dell’intestino, dove i capillari venosi si incaricano di prelevare le vitamine, le proteine e le altre sostanze assimilabili, capaci di liberare l’energia necessaria all’organismo, e di trasferirle, tramite i vasi sanguigni maggiori, a tutte le cellule del corpo. Se non ci fosse il sangue, tutto il cibo ingerito non sarebbe di nessuna utilità per il corpo, verrebbe totalmente espulso come orina e feci, infatti, e il nostro corpo morrebbe. Così il nostro uomo interiore, l’uomo spirituale, ha bisogno di cibo, la Parola (Matteo 4:4 / Giovanni 4:32-34 / 1 Timoteo 4:6 / Ebrei 5:12-14), e di sangue, lo Spirito Santo di Gesù, per rendere la Parola vivente e trasformarla in azione, in stile di vita (Romani 8:5-6,9-13 / Galati 5:16-17 / Filippesi 2:13). Senza lo Spirito Santo di Gesù la Parola non sarebbe per noi di nessuna efficacia e utilità (Romani 8:1-4 / 2 Corinzi 3:5-6), perché la carne, cioè la natura umana, non la può capire (1 Corinzi 2:11-15), né applicare (Romani 8:5-8).
Come ci si alimenta della Parola? Tramite la lettura e l’ascolto (Luca 16:27-31 ; 24:27 / Giovanni 5:39 ; 20:30-31 // Atti 17:1-4 ; 18:27-28 ; 28:23-24 / Giovanni 5:24-25).
Come si riceve lo Spirito Santo di Gesù? Tramite un atto sovrano di Dio (Giovanni 1:11-13 ; 3:5-8 / Atti 3:19-20 / Galati 4:4-6 / Efesini 3:14-19).
Su questi ultimi punti consultare gli studi: Rigenerazione e Giustificazione.
Quando ci accostiamo ai simboli della Santa Cena, dobbiamo essere consapevoli che stiamo come rinnovando il patto stipulato con Dio nel momento in cui siamo tuffati nelle acque battesimali. Quel giorno, tramite il simbolo del battesimo per immersione, abbiamo manifestato pubblicamente la nostra decisione di vivere in conformità alla volontà di Dio, e cioè di morire, di rinunciare al peccato, e di camminare in novità di vita (Romani 6:1-14 / Colossesi 2:11-13). Così, prendendo il pane, confermiamo la nostra decisione di alimentarci esclusivamente della parola di Dio, che è santa e giusta, e, bevendo il vino, confermiamo la nostra decisione di affidarci, e quindi di cercare in noi unicamente lo Spirito Santo di Gesù per essere in grado di applicare la Parola, cioè la giustizia di Dio, nella nostra vita quotidiana.
La santa Cena diventa anche una specie di esame di coscienza che mi consente di valutare la mia posizione davanti a Dio (1 Corinzi 11:27-32), cioè se sto onorando il patto stipulato con Lui il giorno del mio battesimo in acqua o se il peccato ha ripreso il sopravvento nella mia vita.
La Santa Cena ci ricorda anche l’unica via, e cioè la croce di Cristo, che è morte alla giustizia propria, per rimanere in comunione con il nostro Padre celeste e poter godere della vita eterna nel suo Regno.